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Tesser, storia di un esonero già scritto

Il panettone lo ha mangiato, la colomba no. Attilio Tesser non è più l’allenatore dell’Avellino. I mugugni della piazza, che mai lo ha amato, le frecciatine di Taccone e l’atteggiamento spesso rinunciatario della squadra sono stati i sentori di un destino già scritto per un allenatore che, sulla panchina biancoverde, aveva ormai i giorni contati. L’amore tra Tesser e l’Avellino non è mai sbocciato: il tecnico di Montebelluna, infatti, non è mai riuscito a plasmare la squadra e a trovare gli equilibri definitivi. Non sono solo chiacchiere. I numeri parlano. E parlano contro Tesser: tredici sconfitte, quarta peggior difesa del campionato e zona playoff, obiettivo dichiarato ad inizio anno, distante sei punti. Gli errori? Tesser ha avuto, in particolare, la colpa di non sistemare mai la fase difensiva (46 gol subiti), a tratti imbarazzante, di sbagliare totalmente la preparazione (visti i tanti infortuni e i cali fisici a partita in corso) e di schierare molto spesso giocatori fuori ruolo. Dopo le sei vittorie consecutive ottenute con un determinato schieramento (Jidayi centrale di difesa) non ha più avuto il coraggio di cambiare. Mancanza di personalità. Nulla da dire sulla serietà, l’umiltà e la professionalità ma Tesser ha lasciato a desiderare proprio sull’aspetto motivazionale.

Carattere troppo mite per una piazza calda come Avellino. Una piazza abituata a vedere gente sanguigna seduta in panchina. Per gestire uno spogliatoio come quello biancoverde serve una forte personalità e bisogna farsi saper sentire. La squadra ha spesso rispecchiato le caratteristiche del proprio allenatore: fragile e rassegnata. A giudicare dal secondo tempo di ieri, poi, forse la squadra lo aveva abbandonato. È stata la squadra a tradirlo con prestazioni rinunciatarie. Inevitabile l’esonero, allora. Inevitabile perché era ormai scritto da tempo. Dalla debacle di Trapani, quando solo il turno infrasettimanale lo salvò dall’esonero. Poi arrivarono le sei vittorie consecutive. Seguite da un nuovo buio. Non convincono i tempi, però.

All’Avellino mancavano pochi punti per salvarsi. Il destino della stagione è ormai segnato: i playoff sono lontani. Avrebbe avuto senso salutarsi allora oppure dopo la sconfitta casalinga con lo Spezia. A questo punto, meglio salutarsi a fine anno. Forse la squadra ha spinto per l’esonero immediato.  Al tecnico va comunque un grazie per la sua grande umanità, per averci messo sempre la faccia e per aver valorizzato calciatori come Biraschi, Mokulu e Bastien, ora patrimoni della società. Per provare a ripartire l’Avellino si affida a Marcolin, cresciuto da allenatore tra due teste dure come Mancini e Mihajlovic. La grinta non dovrebbe mancargli. È quella che gli chiede l’Avellino per questi due mesi.

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