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Sidigas Avellino, alti e bassi nella prima di Champions

Esordio in Champions League rocambolesco quanto piacevole per la Sidigas Avellino targata Nenad Vucinic; una partita, quella in Russia contro il Nizhny Novgorod, quasi persa e poi riacciuffata all’appropinquarsi del 40° minuto,e  poi quasi vinta allo scadere del primo overtime, quando  una “preghiera” di Kendrick Perry entrava incredibilmente nel cesto e costringeva le due squadre al secondo tempo supplementare.

Il finale dopo ben cinquanta minuti di gioco è stato di 93-100, ma ovviamente data la tipologia di partita esso non riflette al meglio l’effettiva forza vista in campo. Il distacco di 7 punti, difatti, sembra eccessivamente severo per la formazione di casa, che per lunghi tratti è stata anche padrona della partita, avanti nel punteggio. Avellino, tuttavia, ha un talento molto maggiore nei suoi 7 uomini più impiegati, e grazie anche ad un Norris Cole in giornata di grazia (34 punti con 7 assist e 5 rimbalzi) è riuscita a far valere questa superiorità nei momenti decisivi del match.

L’assenza di N’diaye ha complicato terribilmente le cose per i biancoverdi, privandoli dell’unico vero centro puro presente nel roster. Il Nizhny ha giocatori fisici che hanno messo in difficoltà la Sidigas soprattutto a rimbalzo; in totale essi sono stati 56 contro 52, ma il dato rilevante è quello sui rimbalzi offensivi, che sono stati 16 per i russi e solo 5 per gli irpini. Ciò ha avuto come naturale conseguenza un maggior numero di tentativi, soprattutto da due punti, a disposizione del Nizhny (65 tiri da due contro 51, 32 tiri da tre contro 26). E dunque, se la matematica non è un’opinione, Avellino è dovuta essere necessariamente più precisa per vincere una partita come questa; detto in altre parole, i biancoverdi hanno tirato con percentuali migliori sia da due che da tre punti ( rispettivamente 49% contro 40% e 34% contro 28%) e persino nei tiri liberi, dove la differenza è stata finanche più marcata (82,2% contro 70%).

Trovare la via del canestro per la Sidigas 2018-2019 non sembra essere un problema, soprattutto se in squadra gioca anche Cole: oltre a realizzare canestri pesanti, riesce anche benissimo a far segnare i compagni, fornendo loro assist al bacio. L’intesa con Costello sembra funzionare bene, buoni pick-n-roll giocati tra i due anche nei supplementari, quando dunque potrebbe sopraggiungere un po’di stanchezza. Il lungo, costretto agli straordinari in questa gara, ha dimostrato di saper proteggere il suo ferro, ma anche di non far troppo male a quello altrui: 9 punti non sono tantissimi, in 35 minuti, alla voce “rimbalzi” però ce ne sono ben 11 in difesa e solo uno in attacco, ma il vero “crack” sono di certo le 5 stoppate; Matt Costello, dunque, si rivela sempre più fondamentale come equilibratore difensivo di una squadra votata per natura all’attacco.

Fondamentale negli equilibri tattici di squadra è stato anche Demetris Nichols: l’assenza di N’diaye costringeva, per far ruotare meglio i lunghi, coach Vucinic ad utilizzare il quintetto atipico, con Green da centro e Nichols da “quattro“, più Cole Sykes e Filloy; il fisico da “3&D” dell’ex CSKA, d’altronde, lo permette, ma sicuramente il suo ruolo naturale è quello del “tre“.  Al 20° minuto, il trentaquattrenne di Boston non aveva ancora segnato punti, ma aveva catturato già 4 rimbalzi. Dopo l’intervallo lungo, però, la musica è cambiata: pur tornando in alcuni frangenti a giocare nel ruolo di ala grande, l’americano ha iniziato a realizzare canestri di ottima fattura ed anche pesanti, come il jump fulmineo da rimessa che ha fissato il punteggio sul definitivo ( dei tempi regolamentari) 75 pari. Alla fine sono stati 14 i suoi punti con 9 rimbalzi, tutti catturati nella propria area, e la sensazione di una leadership forte all’interno di questa squadra, testimoniata anche dal minutaggio, il secondo più alto dopo quello concesso a super-Cole.

Da Caleb Green non ci si può aspettare sempre che giochi come contro Cantù, ma anche oggi il suo referto è andato in doppia cifra con i 19 punti segnati, senza nessuna tripla realizzata; una prestazione fatta di sostanza, il suo grande merito (discorso simile a quello fatto per Nichols) quello di aver saputo adattare il suo modo di giocare in funzione della partita. Ma forse, Cole a parte, le note più liete sono giunte da Filloy e Sykes. Gente che entra e “spacca la partita”, cosa che per il play della Nazionale è ormai risaputa da anni (nonostante ad Avellino fino ad ora sembrava sconosciuta) mentre il play americano lo ha ampiamente dimostrato in questa partita. Sykes ha realizzato infatti 9 punti nel solo primo tempo supplementare, dove è stato un autentico mattatore ed avrebbe portato i suoi alla vittoria, se non fosse stato per quel canestro impossibile di Perry, sul quale peraltro proprio lui aveva difeso facendo tutto quello che doveva fare.

Alla Sidigas non manca il talento, e questo ormai si sa; l’abnegazione, come quella dimostata da Sykes nell’ultima azione difensiva, invece va ancora a fasi alterne. Questo genera partite con troppi alti e bassi, come infatti è stata quella di oggi contro un avversario sì ostico per il fattore campo, ma sicuramente di livello inferiore. La vittoria alla fine è quello che più conta,soprattutto per il morale che dà e per proseguire con maggiore fiducia alle prossime partite; ma per raggiungere il suo optimum, alla Sidigas Avellino occorrerà recuperare gli uomini della panchina, che stanno accusando problemi fisici, ma dai quali essa non può prescindere se vuole arrivare in alto nelle competizioni che è chiamata a disputare.

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