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19 giugno 2005 C’era una volta Avellino-Napoli: la vittoria più bella

Un derby è una partita speciale. È passione, colori, spettacolo. Senso d’appartenenza. La mente si accende, il cuore si infiamma. L’attesa spasmodica, lo sfottò, le coreografie dei tifosi, i novanta minuti da vivere con il cuore in gola. La gioia del vincitore, le lacrime dello sconfitto. Un concentrato di emozioni incredibile. C’è qualcosa di meglio? L’Avellino di derby ne gioca diversi. Nulla da togliere alle sfide con Salernitana e Benevento, ci mancherebbe. Ma c’è un derby più speciale degli altri, più sentito e più affascinante. “Il derby è uno”. È Avellino-Napoli. E non potrebbe essere altrimenti. Le sfide con gli azzurri hanno illuminato gli anni d’oro della Serie A. Con parate di stelle dall’una e dall’altra parte. Basti pensare a Juary, Dirceu, Diaz e Vignola per i lupi o a Savoldi, Krol, Careca e Maradona per il Napoli. Proprio Maradona qualche anno fa ha speso belle parole per il “Clasico” campano, sottolineando quanto fosse caldo l’ambiente ad Avellino e come Diaz tentasse di placarne il talento gettandogli addosso del sale. Ricordi ed emozioni piacevoli, ma non solo. Dopo le battaglie in massima serie, l’Avellino e il Napoli aspettano quindici anni prima di sfidarsi ancora. È il 2003 quando il romanzo del derby si arricchisce di una pagina nera. Sergio Ercolano, tifoso azzurro, perde la vita pochi giorni dopo essere caduto dagli spalti del Partenio. Alla tragedia umana segue quella sportiva: l’Avellino retrocede sul campo in C1, mentre il Napoli viene retrocesso d’ufficio in seguito al fallimento. La stagione 2004-2005 si preannuncia avvincente, con le due squadre campane desiderose di rilanciarsi e di ritornare nel calcio che conta. Il Napoli del neo patron De Laurentiis, dell’irpino doc Pierpaolo Marino, di mister Ventura (poi sostituito da Reja) e dalle tante stelle in campo, parte con i favori del pronostico. Ma con l’Avellino non si passa. In campionato è 0-0 al San Paolo e 2-0 per gli irpini al ritorno. Rastelli, il più piccolo di tutti, la insacca di testa. Biancolino chiude i giochi. Ma non basta. Tra i due litiganti a spuntarla è lo spettacolare Rimini di Leo Acori, guidato dalla forza di Ricchiuti, Muslimovic e Floccari. Avellino e Napoli si giocano la B ai play-off. In finale. Una contro l’altra. All’andata al San Paolo finisce 0-0. Si deciderà al ritorno. Finale thriller: neanche uno sceneggiatore di punta sarebbe arrivato a tanto. È il 19 giugno 2005. Il Partenio è una bolgia: caldo infernale e tifo scatenato. Lo stadio è tutto verde. C’è chi ha rispolverato dagli armadietti sciarpe, maglie o talismani portafortuna dei tempi della A per l’importanza dell’avvenimento. La Torre dell’Orologio, impressa nella coreografia della Sud, indica l’ora della vittoria. Ma tutti danno i lupi sfavoriti. I media spingono il Napoli, gli azzurri sono una corazzata. Eppure i biancoverdi di Oddo inscenano la partita perfetta. Le partite, d’altronde, si vincono sul campo. E l’Avellino con orgoglio misto ad umiltà la vince e vola in B. È lezione di vita, di sport e di passione. Apre Biancolino, raddoppia Moretti. Il gol di Sosa serve a poco. Il cinismo del Pitone, la grinta di Cecere e Puleo, lo straordinario acume tattico di Ametrano. E di tutti gli altri protagonisti dell’impresa impensabile. Eccoli i nuovi eroi biancoverdi. Avellino piange di gioia, Napoli di dolore. Da allora Avellino e Napoli non si sono affrontate più. La nostalgia si fa sentire. Avellino ha tanta voglia di tornare a vivere emozioni così speciali. Emozioni che solo un derby cone quello col Napoli sa regalare. E allora coraggio, lupi. I nostri cugini ci aspettano al piano di sopra.

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