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Avellino calcio – Processo- Società, allenatore, calciatori e stampa: tutti colpevoli

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Se il buongiorno si vede dal mattino, c’era da aspettarselo. Il giorno della presentazione, infatti, Toscano si presentò con una cravatta granata. Battute a parte, il tecnico calabrese ha messo in mostra in questi primi quattro mesi di lavoro tutti i suoi limiti. Innanzitutto, il cambio modulo a dieci giorni dall’inizio del campionato. Dopo aver impostato la squadra sul 3-4-3, la virata sul 3-5-2. Senza accorgersi che questa squadra non ha i giocatori adatti per giocare con una difesa a tre. Parlare del gioco, poi, è come sparare sulla croce rossa. Questa squadra non ha idee e fatica a manovrare. In trasferta l’atteggiamento è rinunciatario sin dall’inizio. Così non solo non si raccolgono punti e non si segna, ma addirittura non si riesce a calciare in porta. La gestione mediatica, poi, fa sorridere. Toscano ha sempre l’alibi pronto. Spesso sembra che il tecnico veda una partita diversa. La piazza chiede la sua testa ormai da tempo. Nessuno decide né lui ha il coraggio di farsi indietro di fronte alla chiara volontà dei tifosi. D’altronde chi lo farebbe con un contratto triennale in saccoccia? La squadra I calciatori hanno deluso perché non hanno mostrato carattere. Dinanzi alle prime difficoltà la squadra si disunisce, si scioglie e i lupi si trasformano in agnellini pronti ad essere sbranati dell’avversario di turno. Storicamente, l’Avellino ha sempre sopperito con la personalità e la cattiveria agonistica ai limiti tecnici. Ma stavolta no. La squadra è fragile, incostante e impaurita. È giovane, troppo giovane. E per questo non è esente da colpe il direttore De Vito. Certo, non è facile fare ogni volta le nozze coi fichi secchi, ma stavolta il direttore si è fidato troppo di qualche amico che ha preferito rifilargli qualche cantonata di troppo.

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