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Gresta: “Ricordo ancora quando ci davano per retrocessi e trionfammo a Jesi”

«Ricordo ancora quel foglio, appeso nel nostro spogliatoio del PaladelMauro, che indicava il ranking stilato dagli organi di stampa del settore che ci davano per retrocessi all’inizio del campionato di serie A2. Fu un ulteriore stimolo a realizzare quel sogno che si è avverato il 25 maggio 2000». Aveva ventotto anni Luigi Gresta, assistant coach di Luca Dalmonte in quella De Vizia che sorprese l’Italia della palla a spicchi, ottenendo una promozione nella massima lega tricolore. «Fu un’annata importante per la stessa dirigenza che voleva riscattare la precedente annata in cui Avellino aveva dovuto lottare sino all’ultimo per conquistare la salvezza».  Uno dei segreti di quella stagione fu l’affiatamento di un gruppo che navigò in un’unica direzione: «Un team straordinario di persone ricordo di averlo avuto soltanto a Cremona qualche stagione fa» – dice Gresta  in un’intervista odierna al Quotidiano del Sud e aggiunge: «Per me è stato ancor di più anno speciale perché mi sentì gratificato dell’opportunità concessami da Menotti Sanfilippo e dallo stesso Dalmonte». La finale playoff di Jesi fu la ciliegina sulla torta di quell’annata. La De Vizia capì molto prima che la salvezza sarebbe stata competenza di qualche altra avversaria: «Fu la vittoria a Biella (era il 14 ottobre 1999, sfida valida per la sesta giornata d’andata, finita 72-86 ndr), in cui ci presentammo senza Capone infortunatosi ad una spalla. Lì, a mio avviso, è stato il momento in cui capimmo che avremmo lottato per qualcosa di importante. Nel dopo gara, preso dall’entusiasmo, andai da Dalmonte a dirgli che avremmo vinto il campionato. Luca mi diede del pazzo. Eravamo due caratteri diversi: introverso Dalmonte, estroverso io. Nonostante questa diversità ci volevamo e ci vogliamo un gran bene. Al rientro negli spogliatoi la squadra cantava tutto insieme e chiamò Capone a casa per renderlo partecipe di quel momento. Era indice di come tutti fossimo dei fratelli. Nel corso di quel campionato c’è stata la rimonta a Jesi dal – 20 ma già stavamo lottando per i vertici». Arrivò poi la sera del 25 maggio e la tripla allo scadere di Claudio Capone fece esplodere di gioia la carovana di tifosi biancoverdi: «Mi viene la pelle d’oca a pensarci. Piangevo dalla gioia quando facemmo il giro del campo con quello striscione in cui era racchiuso tutto il nostro sudore e l’impegno messo nel corso della stagione. A Jesi – aggiunge – è stata la vittoria più bella della mia carriera al pari di quanto fatto con la Vanoli Cremona due anni fa o proprio nel ruolo di head coach di Jesi nel 2003-2004 quando salimmo in serie A battendo Bologna. Non posso non sottolineare la carica che ci diedero i tifosi, gli Original Fans che erano nati da pochi mesi. Fu il trionfo di un’intera città e provincia». Gresta, che nel frattempo sta valutando un suo ritorno nelle leghe italiane, auspica che nell’attuale Sidigas possa ricrearsi quell’entusiasmo di un tempo: «Lo auguro con tutto il cuore. La passione che c’è ad Avellino non c’è altrove. Credo che fino a dicembre sia stato disputato un buon campionato, coronato dall’approdo alle Final Eight. Quella serie di sconfitte ha poi compromesso un po’ l’obiettivo playoff. La solidità che c’è ora deve essere la base per una ripartenza, facendo tesoro degli errori commessi».

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