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Avellino Calcio – Da Puleo alle frecciate di D’Angelo, storie di capitani differenti

La giornata di ieri ha visto la società della SSD Calcio Avellino ufficializzare i primi 20 giocatori, in attesa di poter confermare gli altri, attualmente bloccati per piccoli cavilli burocratici, ed il capitano del nuovissimo Avellino targato De Cesare.

La società  sta lavorando per cercar di metter su una struttura capace di accontentare gli animi dei tanti appassionati irpini, inaspriti dalla vicissitutidini estive ed alla ricerca del riscatto in una categoria che va troppo stretta, soprattutto a distanza di nove anni. La scelta di affidare la fascia da capitano a Morero, l’unico “sopravvissuto” della passata gestione, è una scelta dettata, presumibilmente, dall’esperienza del giocatore in campionati maggiori, condizionata anche dal fatto di aver calcato il prato del Partenio – Lombardi in uno dei momenti più bui negli ultimi cinque anni di Serie B, ricevendo numerose critiche per le prestazioni alquanto discutibili mostrate durante la passata stagione. Oltre Santiago c’è solo Nicola Ciotola capace di poter sorreggere un tale peso, ritornato in Irpinia dopo il suo addio in occasione del fallimento del 2009.

La scelta fatta si basa sull’impossibilità avuta dal chiamare un giocatore che avrebbe mantenuto la piazza unita trascinando nuovamente l’Avellino calcio lì dove conta. I social network hanno evidenziato come oramai ci si riduca ad esser bandiere da click, niente di più, nessun sentimento reale per una piazza che ha dato a loro la notorietà, un “valore di mercato”, o semplicemente li ha resi uomini. Inutile soffermarsi ulteriormente sull’ipocrisia mostrata, e confermata poi da qualche gaffe in conferenza stampa, bisogna fermarsi a comprendere come oramai anche il calcio provinciale sia investito da questo turbine di modernità che lo ha devastato, dove i calciatori non sono niente di più che stipendiati che a comando ripetono le stesse parole ovunque siano per far felici folli festanti di tifosi, “sono onorato di esser qui…conquisterò questa maglia..ecc ecc”, tutte cazzate. Un oceano che separa il dire da fare, cosa che non fece Simone Puleo nel lontano 2009, che ritornò all’età di trent’anni di corsa in Irpinia per tentare di risollevare una neonata società a corto di entusiasmo, al contrario di chi per difendersi dagli attacchi utilizza la figura dell’ultimo capitano biancoverde come “scusante” nei confronti dei tanti tifosi delusi cercando analogie alquanto improbabili.

“Già solo avere la possibilità di indossare questa maglia è tanto. Essere il capitano mi dà ancora più carica e responsabilità nel voler portare insieme ai miei compagni l’Avellino dove realmente merita di stare: in alto! Forza lupi!”  ricominciamo da queste parole, ricominciamo da chi come ultimo arrivato si è sentito quella maglia stampata addosso, ricominciamo da chi inondato di critiche ha imparato ad amare questa terra a differenza di qualche ingrato che dopo anni di osannamento non ha potuto aspettare due giorni ed ora piange alle critiche che gli piovono in testa…

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