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Basket Avellino – Sidigas, cosa ti succede?

Nella penultima giornata di Champions League la Sidigas Avellino, perdendo nettamente contro i francesi del Le Mans per 68-81 , si è letteralmente complicata la vita per quel che concerne la qualificazione agli ottavi di finale della competizione. Ora, infatti, gli atleti di Nenad Vucinic saranno costretti a vincere la prossima partita, che avrà luogo martedì prossimo alle ore 18,30 contro Ventspils, in Lettonia. Una situazione impensabile fino ad un mese fa, quando la Sidigas veleggiava in seconda posizione nel gruppo A della BCL; serviva una sola vittoria per la matematica qualificazione, ma sono arrivate solo le sconfitte contro Murcia Banvit ed infine Le Mans che dunque hanno costretto la squadra avellinese ad attendere l’ultima giornata per ottenere la qualificazione.

Perdere una, o due partite ci poteva stare, ma perderne cinque consecutive equivale a dire che la squadra è in crisi. Ma francamente, sarebbe da ingenui dare le colpe di questa crisi ai soli giocatori; la situazione societaria, infatti, è precaria da almeno due mesi, e ciò ovviamente ha influito sulle prestazioni sportive. Da quando sono emerse alla ribalta nazionale le notizie riguardanti una crisi finanziaria della Sidigas, azienda madre che controlla anche la Scandone basket, è stato un frenetico susseguirsi di voci, conferme, smentite sulle trattative di mercato ma anche, e soprattutto sulla situazione burocratico-economica della prima squadra di basket della città di Avellino.

Andiamo con ordine: il diciotto dicembre, sulle righe di un importante quotidiano sportivo nazionale, venne lanciato lallarme sui conti della Sidigas; erano emerse difficoltà nel pagare gli stipendi ai giocatori, oltre alla zavorra dei lodi (contenziosi economici) spettanti ad alcuni ex tesserati con annesse loro agenzie di procuratori. Un fulmine a ciel sereno, una notizia che lasciò basiti molti appassionati del basket di tutta Italia, che nemmeno quattro mesi prima plaudevano la società irpina per aver concluso l’acquisto della stella ex-NBA Norris Cole. Il trentenne americano, che stava viaggiando con una media di 16 punti sia in campionato sia in Champions, decise così in data 22 dicembre di accasarsi presso un’altra squadra, il Budconost di Podgorica (Montenegro), spinto senza ombra di dubbio dalla maggior solidità economica di quest’ultima società. Un addio che, passata l’illusione iniziale data dalle sei vittorie consecutive nelle partite disputate tra il 23 dicembre ed il 13 gennaio, ha significato senza dubbio un ridimensionamento degli obiettivi stagionali: senza Cole, difatti, Avellino ha perso un leader, un cestista che ha vinto e che dunque sa come si vince, e poteva dunque trascinare i suoi alla conquista di un titolo in questa stagione. Non è un caso, appunto, che il rendimento della squadra sia calato notevolmente senza la guardia statunitense, che per giunta sta trascinando la sua nuova squadra, che difatti non ha conosciuto sconfitte da quando è arrivato Cole.

L’addio di Cole (che ricordiamo ha lasciato la Sidigas segnando 15 punti nella sua ultima gara disputata in BCL contro Ludwigsburg) è stato causato da motivi prettamente economici: se difatti la proprietà fosse stata puntuale nei pagamenti degli stipendi, molto probabilmente l’ex Miami Heat non avrebbe abbandonato l’Irpinia e non avrebbe giocato alcune delle sue ultime partite in biancoverde (come ad esempio la gara di Trieste il 16 dicembre) in modo palesemente svogliato. L’accusa del mercenario, che torna di moda ogniqualvolta si presenti una fattispecie del genere, come sempre fa acqua da tutte le parti: i giocatori di basket sono professionisti e come tali pretendono a ragione di essere pagati in maniera regolare e puntuale, soprattutto se, come nel caso di Cole, il loro curriculum parla di due anelli NBA vinti al fianco di sua maestà LeBron James.  Una società incapace di trattenere l’acquisto di punta del mercato estivo, andato via per motivi esclusivamente economici, non è certo una società sana dal punto di vista gestionale. E ciò è da imputare quasi esclusivamente a De Cesare, padre-padrone della Sidigas Scandone Avellino.

cole

Oltre ai problemi societari, tuttavia, esistono anche problemi che, pur intrecciandosi con quelli, riguardano principalmente l’aspetto tecnico; qui la responsabilità è da attribuire al direttore sportivo Nicola Alberani, uomo di fiducia del patron giunto al suo quarto anno ad Avellino. Alberani per questa stagione ha scelto un allenatore poco conosciuto in Italia, che ha definito essere “una sua scommessa”. Esulando da disquisizioni tecniche, questo è stato un chiaro segnale di assunzione di responsabilità; se nei tre anni passati era presente sulla panchina un allenatore come Pino Sacripanti, accentratore di critiche e di elogi, personaggio naturalmente portato a stare al centro dell’attenzione, quest’anno il carattere schivo e taciturno di Vucinic ha fatto sì che la figura di Alberani, per sua stessa ammissione, assumesse molta più importanza. Vucinic, per fortuna, è un tecnico preparato che sta comunque ottenendo il massimo dal roster messo a sua disposizione. Restano dei dubbi, semmai, proprio sulla qualità del roster. Prendere Cole ha significato, per Alberani, dover tesserare cestisti italiani non all’altezza del massimo campionato italiano; per motivi di budget, insomma, sono stati tesserati i vari Spizzichini, Campani e Campogrande, atleti che per forza di cose non danno un grande contributo alla causa. Sorgono a questo punto diversi interrogativi: perchè tesserare Cole, sapendo che il budget a disposizione non consentiva di fare questo sforzo economico, dato che poi si è stati costretti a rattoppare la squadra con giocatori inadeguati alla serie A? Non sarebbe stato meglio costruire un roster più equilibrato, senza un atleta di spicco ma con diversi buoni giocatori intercambiabili ed una panchina più lunga? Ed infine, perchè tesserare Cole quando si poteva acquistare Joe Ragland, cestista di valore quasi pari a quello dell’ex Miami ma che aveva il vantaggio di conoscere già bene la piazza e la società, avendo giocato ad Avellino per un anno e mezzo?

A queste domande Alberani non ha mai risposto. Ma per fortuna il campo risponde sempre in modo chiaro e palese, mettendo in evidenza gli errori del diesse ex Virtus Roma: nei tre anni trascorsi a lavorare per la Scandone, Alberani ha inanellato una serie di acquisti a dir poco inadeguati ai palcoscenici che la Sidigas sta calcando. Giusto per fare un paio di esempi, si ricordano nel campionato 2015-2016 il tesseramento di Tauren Green, poi tagliato per infortunio; nella stagione successiva, poi, gli acquisti di Randolph e Obasohan, autentiche meteore della pallacanestro, oltre al lauto ingaggio degli italiani Cusin e Zerini, atleti fin troppo ben pagati per le prestazioni che hanno offerto. L’anno scorso, poi, l’emblema del fallimento di Alberani è stato Shane Lawal, giocatore a cui fu fatto firmare un biennale salvo poi accorgersi che le sue condizioni fisiche erano troppo precarie e dunque non poteva esserci altra via che la risoluzione (onerosa, per le casse societarie) del suo contratto. Sempre nella stagione scorsa, poi, nonostante le tante sollecitazioni da parte dell’allenatore Sacripanti per un acquisto a stagione in corso, Alberani ha preferito aspettare la vigilia dei playoff, ossia il 7 maggio, per perfezionare i tesseramenti di Auda e Renfroe. Una scelta che sicuramente non ha aiutato la squadra, che infatti perse malamente per 4-1 la serie contro Trento; una scelta che ha il sapore del “me ne lavo le mani”, ossia quella di scaricare sul povero Sacripanti tutte le responsabilità di una delusione sportiva, dato che il tecnico nativo di Cantù non avrebbe avuto l’alibi dei mancati rinforzi per giustificare la sconfitta.

Guardare al passato, tuttavia, non serve. I problemi, che si è cercato di riassumere in queste poche righe, si stavano trascinando da un po’ di tempo ma è solo quest’anno che sono emersi in tutte le sue sfaccettature. Che si risolvano o meno,occorrerebbe quantomeno fare chiarezza: Alberani dovrebbe spiegare, una volta per tutte, quali sono gli obiettivi stagionali, dovrebbe dunque ammettere che la Sidigas non sarà più in grado di lottare per alcun trofeo anche a causa dell’addio di Norris Cole, atleta che lui stesso ha convinto a venire in Irpinia. De Cesare, dal canto suo, resta enigmatico e non ha mai chiarito la reale posizione debitoria della Sidigas; la piazza, inoltre, avrebbe anche il diritto di sapere quanto ed in che modo l’impegno nel calcio dell’imprenditore del gas abbia potuto incidere sulle vicende della società di basket cittadina.

In questa situazione a dir poco preoccupante, dunque, non si può continuare a far finta di nulla; è ora che proprietà e dirigenza facciano chiarezza, e sono tenuti a farlo se non altro per rispetto verso una piazza che, sia nel calcio che nel basket, non ha mai fatto mancare il suo sostegno ai colori bianco-verdi.

Non va certamente dimenticato quanto di buono fatto sia dalla proprietà, che dalla società, in questi ultimi anni; se Avellino è una realtà consolidata del basket italiano ed europeo è soprattutto per merito dell’operato di De Cesare ed Alberani. Anche la volontà di onorare tutti i pagamenti arretrati, pur di perfezionare gli acquisti di Harper e Silins, è un atto di grande attaccamento da parte della proprietà.  Tuttavia, le problematiche che sono emerse hanno potuto e potranno ancora pregiudicare l’andamento della squadra nelle competizioni in cui essa è impegnata. Questo è, senza ombra di dubbio, ciò che tutti i tifosi vogliono evitare.

 

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Un commento

  1. Più che un articolo di giornale mi sembra un’opinione personale da bar sport frutto di una mediocre analisi. L’unico punto sul quale sono d’accordo è la fallimentare scommessa che ormai si protrae da 2 anni di affidarsi ad una panchina corta per avere qualche stella in più sul parquet

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