SERIE B

(VIDEO SKY) Avellino, preso un altro belga. E’ il baby Napol

Dall’Atalanta, con la formula del prestito con diritto di riscatto e contro-riscatto, l’attaccante belga Nicolas Napol, classe ’96. Attaccante, nato in Francia, ma di nazionalità belga,

 

La scheda su Transfermarkt di Nicolas Napol (CLICCA QUI)

 

Per conoscerlo meglio ecco un’intervista pubblicata il 4 marzo 2015 sul sito ufficiale dell’Atalanta (www.atalanta.it)

L’ATTACCANTE FRANCO-BELGA, ARRIVATO IN ESTATE DAL LORIENT, SI RACCONTA: “IMITAVO RONALDINHO IN STRADA, ORA SOGNO DI ESORDIRE CON L’ATALANTA”

Nella ventesima puntata del nostro viaggio nel mondo della Primavera, andiamo alla scoperta di Nicolas Napol, attaccante franco-belga arrivato quest’estate dal Lorient e autore finora di sei reti in tutte le competizioni, alcune molto pesanti come la doppietta al Sassuolo o il gol qualificazione nei quarti di Tim Cup contro il Chievo. La sua è una storia tutta da raccontare.

Nico, quando hai cominciato a giocare a calcio?
“Ho iniziato relativamente tardi, a 8 anni nello Chantier dove sono rimasto fino a 10 anni. Poi ho girato parecchio: un anno al Paris Fc, due all’Issy Les Moulineaux, un club nei dintorni di Parigi, quindi altri due anni all’ACBB. Il secondo anno lì è stato quello della svolta perché ho fatto veramente una grande stagione e mi volevano quasi tutte le squadre. Soprattutto Lorient e Lione e la scelta è ricaduta sulla prima. Sono rimasto tre anni: il primo è stato perfetto, avevo un allenatore, Julien Stefan, che mi seguiva tantissimo e io riuscivo a rendere al massimo. Dal secondo è andato via lui ed è stato più difficile”.

Poi è arrivata l’Atalanta.
“Dopo la mia prima chiamata nelle nazionali giovanili del Belgio, mi ha chiamato il mio procuratore dicendomi che potevo fare un provino con l’Atalanta. Ho giocato con la Primavera contro una squadra di dilettanti e ho fatto gol di testa da calcio d’angolo. C’erano anche altri club interessati, ma quando ero piccolo il mio primo sogno era quello di giocare in Italia. Anche perché mi piace molto la pizza, la pasta, la vostra cucina. E all’Atalanta ho trovato gente molto carina, che mi ha accolto subito bene per cui non ho avuto dubbi”.

Quest’anno hai già avuto la grande soddisfazione di andare in panchina con la prima squadra.
“In un turno di coppa contro l’Avellino. Per me è stato un sogno anche solo andare in panchina insieme ai miei compagni di Primavera Forgacs e Pugliese. Quando mi hanno mandato a scaldarmi ho anche sperato di poter entrare. Spero di riuscire in futuro a esordire, sarebbe un sogno. Quel giorno mi hanno assegnato il 34. Il numero non l’ho scelto io ma è curioso che coincida proprio con il giorno e il mese della mia data di nascita, visto che sono nato il 3 aprile”.

In Primavera stai andando bene e hai già segnato sei gol.
“Sono contento, i primi sei mesi sono stati difficili anche perché mi sono infortunato. E pensare che in tre anni al Lorient ero stato fermo solo una volta una settimana. Non mi era mai successo. Poi superato l’infortunio le cose sono andate meglio, ho cominciato a giocare e a segnare. I due gol al Sassuolo sono stati forse i più importanti, per me e per la squadra. Quello che ti dà un gol è fantastico, l’adrenalina, la felicità: solo chi non lo ha mai provato, non può capire”.

Hai sempre fatto l’attaccante?
“Da piccolino giocavo terzino destro! Poi mio papà Jean-Pierre mi ha chiesto perché giocavo lì. Era stato l’allenatore del mio primo club a mettermi lì. Ma poi ho sempre giocato davanti. A me piace avere libertà in campo, poter muovermi, svariare su tutto il fronte offensivo”.

Toglici un’altra curiosità: come mai hai iniziato così tardi a giocare?
“Prima giocavo in strada: guardavo in tv i campioni di allora, soprattutto Ronaldinho, poi prendevo il mio pallone e andavo in strada cercando di imitare i suoi colpi. Provavo e riprovavo finché non ci riuscivo. Oppure giocavo al parco con mio papà: lui ha giocato nei dilettanti ma era forte, un attaccante veloce. Ha sempre avuto una gran passione per il pallone, gioca ancora adesso che ha 50 anni. Ed è stato lui il primo a insegnarmi a giocare al parco”.

Quindi il calcio è comunque entrato subito nella tua vita.
“Sì, ma non solo quello. Dagli 8 ai 13 anni ho fatto anche judo, un anno anche karate. Ma poi ho scelto il calcio”.

Oltre a studiare Ronaldinho, chi era il tuo idolo da piccolo?

“Anelka, mi piaceva tutto di lui: la velocità, la potenza, la sua capacità di calciare indifferentemente di destro e di sinistro. Un attaccante completo”.

Hai citato la nazionale belga. Tu sei nato a Parigi: come mai questa scelta?
“L’avevo promesso a mia nonna prima che purtroppo venisse a mancare. Ed è un onore per me, sono legato al Belgio. Mia mamma è belga, mentre mio papà è francese per cui ho doppio passaporto. A loro devo dire grazie per tutto, per il supporto che mi hanno sempre dato, perché ogni giorno anche nelle difficoltà ci sono sempre stati. Quando giocavo nel Lorient, ero a quattro ore da Parigi, eppure loro venivano sempre”.

Un’ultima curiosità: parli già un buon italiano, ma come hai fatto a impararlo così in fretta?

“All’inizio ho fatto 3-4 lezioni con un’insegnante, poi ho deciso di impararlo da solo. A me piacciono le lingue: oltre al francese, a scuola ho studiato spagnolo e inglese. E mi piacerebbe imparare il portoghese”.

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