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Avellino Calcio – Alfageme: “Da Guardiola a Baggio a Tevez. Ora voglio vincere ad Avellino, poi lascio il calcio”

Ieri contro il Monterosi Luis Maria Alfageme ha finalmente timbrato il suo primo gol con la maglia dell’Avellino. Una rete che ha consentito i lupi di battere in rimonta i laziali e lanciare la volata finale per il primo posto che vorrebbe dire Serie C.

L’attaccante argentino, da tanti anni ormai in Italia, ai microfoni di GianlucaDimarzio.com, ha raccontato tutta la sua carriera. Dagli esordi al Boca Juniors, poi il River Plate, poi l’Italia e l’Avellino dove vuole chiudere la carriera.

Queste le parole di Alfageme che raccogliamo da Gianlucadimarzio.com: “Ho iniziato in Argentina. Il mio era un paese di contadini e lavoratori, non c’era niente. Ricordo che giocavo a calcio per strada”. Come ero da bambino? Un ribelle. Facevo cose che non avrei dovuto fare. Mio padre me le dava forteEro legatissimo a mio cugino Josè. Lui è venuto a mancare presto a causa di una brutta malattia, e mi fece promettere che avrei fatto il calciatoreE’ grazie a lui se ce l’ho fatta. “A 13 anni feci un provino e mi volle il River Plate. Da un giorno all’altro fui catapultato da un paesino alla capitale. L’impatto con i Millonarios non fu dei migliori. Dopo due mesi tornai a casa, ero piccolo non volevo restare lì. Quando sono tornato al mio paese mi vedevano tutti come un fallito. Un giorno facemmo un’amichevole contro il Boca. A fine partita vidi la mia famiglia parlare con i dirigenti. Il giorno dopo… : “Stavo andando a scuola ed il presidente mi disse che mi aspettava un aereo direzione Buenos Aires”. Doveva durare tre giorni la prova, invece: “Arrivai la sera. e la mattina dopo feci allenamento. Dopo pranzo “Mamma”Maria, coordinatrice della Casa Amarilla del Boca, si avvicina dicendomi che era tutto fatto. Dovevo tornare a casa e due mesi dopo ripresentarmi a Buenos Aires. Ero un nuovo calciatore del Boca”.

 L’approdo al Boca è stato il giorno più bello della sua vita e lo racconta ad occhi lucidi: “Era un sogno. Vivere la Casa Amarilla, allenarmi con giocatori come Tevez, Riquelme, Burdisso. Carlitos era un fenomeno. Lui spesso scappava dalla Casa Amarilla, andava a Fuerte Apache e si faceva pagare per giocare partite di calcetto in stradaEra un loco. Girammo l’Europa per un mese e mezzo. Dopo l’ultima partita in Svizzera dovevamo tornare in Argentina”. Ma … “Un dirigente del Boca mi disse che mi voleva il Brescia, dovevo andare in Italia. Non dissi nulla alla mia famiglia, e andai a fare un torneo a Gubbio”. Come andò a finire? “Firmai un contratto di 5 anni, poi chiamai a casa e dissi tutto alla mia famiglia”. La reazione? Luis sorride poi… : “Lasciamo perdere”. L’ultimo ricordo che ho dell’Argentina? “Togliermi la maglia del Boca definitivamente. Non ho rimpianti, però andò tutto troppo veloce”.

Alfageme racconta della sua esperienza, lunga, in Italia: “A Brescia tutti pensavano avrei potuto fare la storia del club. Per tre anni però il Boca non mi concesse il transfer e non ho potuto giocare.. La situazione cambia dopo aver raggiunto la maggiore età. La AFA, decide in base al mio contratto di lavoro che avrei potuto giocare in Italia”. Scudetto Primavera perso in finale, ma ciò che ricordo sono gli allenamenti con la prima squadra. In quel Brescia di Guardiola, Baggio, Toni: “Un giorno Guardiola si arrabbiò tantissimo con me durante un torelloIo usavo sempre l’esterno e lui un giorno fermò il torello e mi urlò – usa la izquierda cabron – In quel periodo tutti parlavano di Baggio in Nazionale. Un giorno a fine allenamento Toni dice a Baggio e Guardiola che per lui la Nazionale era un sogno, e loro si misero a ridere e lo presero in giro. Sapete tutti come è andata a finire nel 2006”.

Alfageme cresce, cambia ed inizia a mettere il calcio al centro del suo mondo. Sceglie Lanciano, voluto fortemente da Luca Leone. Lì trova Eusebio Di Francesco: “E’ un allenatore che mi ha cambiato. Era fortissimopensai subito che avrebbe fatto una grande carriera. Perché venne esonerato? “Colpa nostra non sua”. Poi arriva il triennio di Grosseto: “Grosseto mi ha cambiato la vita sia da un punto di vista privato che professionale”. In Toscana incontra Maurizio Sarri: “Non mi aspettavo facesse questa carriera. Era un maniaco della tattica”. Poi ci svela: “Era fissato con le scarpe nere ed i calzini alzati”. Camilli? Luis ride, poi ci racconta: “Una volta litigò con Cairo in tribuna, ricordo che gli lanciava in testa le cartine di caramelle”. Poi aggiunge: “E’ un presidente che vuole sempre vincere. E’ ovvio che se cambi 8 allenatori in un anno lo spogliatoio ne risente”.

Infine la Campania, prima Benevento, poi Caserta: “Tutti parlavano del Benevento. Volevo provare a vincere”. Vigorito? “Quando ci parlai mi resi conto della sua ambizione. Lì c’era tutto, non sono sorpreso che qualche anno dopo si sono ritrovati in Serie A. Un campionato importante, ma alla fine perso: “Eravamo una squadra fortissima, ed eravamo convinti di vincere il campionato, forse l’errore nostro è stato proprio quello. Perderlo è stata una delle delusioni più grandi della mia carriera”.

Alfageme va a Caserta, in quella che è diventata la sua seconda casa: “Caserta si è innamorata di me ed io della città. Il primo anno stavamo per vincere il campionato”. Poi… “Ci fu la partita di Benevento, una partita strana, dispiace perché quell’anno saremmo potuti andare in B”. Lasciare Caserta fu un atto d’amore: “Avevo un contratto importante e la società aveva bisogno di soldi. Così andai a Padova, ma appena ho potuto sono ritornato”. Già perché a distanza di un anno l’argentino ritorna a casa: “Ci avevo lasciato il cuore. Ricordo che tanti bambini erano contenti e questa cosa mi inorgogliva”. Una Casertana vicina a realizzare un sogno: “Mi sentivo l’anima di quella squadra. Eravamo guidati alla perfezione da D’Angelo, e uscimmo ai playoff con due pareggi contro il Cosenza che poi andò in B”. Quest’anno qualcosa si è inceppato: “La società ad un gruppo forte, ha aggiunto tanti calciatori forti, forse troppi”. Fontana? “E’ un ottimo allenatore, ma troppo buono. Per quella squadra forse sarebbe servito un altro tipo di allenatore”. Poi sottolinea: “La Casertana ha tutte le carte in regola per andare in Serie B e una grande società. Faccio il tifo per loro”.

Infine l’Avellino e la promessa: “Vincere e poi ritirarsi. : “Nel 2016 Dario Marcolin allenava l’Avellino, e mi propose di trasferirmi lì. Era una trattativa che poteva concretizzarsi, ed io volevo rimettermi in gioco in Serie B”.

Lui fu esonerato, ed Alfageme rimase a Caserta: “Da quel momento l’Avellino è sempre stato un mio punto fisso”. Gli irpini ripartono dalla D e puntano su Alessandro De Vena suo grande amico: “Ci sentivamo spesso, ed io gli dicevo che ci saremmo rincontrati in Lega Pro”. Poi qualcosa è cambiato: “Ad Avellino è arrivato Cinelli – secondo di Bucaro – che mi ha allenato l’ultimo anno a Benevento. In quell’occasione ci facemmo una promessa. A gennaio mi ha mandato un messaggio speciale ,in quel momento ho scelto l’Avellino”. L’obiettivo è chiaro: “Dobbiamo vincere il campionato. Tutto è ancora aperto”.

Poi aggiunge: “Questa piazza merita altre categorie, ed io non ho mai avuto voglia di vincere come quest’anno”. Poi ci svela: “Se riuscissi a vincere potrei anche lasciare il calcio”. Il Futuro? “Tornare in Argentina ed aprire una scuola calcio per bambini”.

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