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Avellino Calcio – L’editoriale: “Senza di me tornerete in Serie D”. Ora Avellino merita una nuova vita

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Stavolta è finita davvero. A nove anni di distanza dal suo inizio, l’era Taccone si dissolve in maniera definitiva in un’aula di tribunale in una scialba mattinata di metà settembre. Un epilogo triste, ma da considerarsi scontato se si considerano le difficoltà degli ultimi anni. Anni in cui l’Avellino e i suoi tifosi, per un motivo o per un altro, hanno dovuto vivere col fiato sospeso tra processi e umiliazioni varie. Lì, sul ciglio del burrone. Con la consapevolezza che prima o poi sarebbe potuta arrivate la spinta mortale. E quella, puntuale, è arrivata quest’estate. E a darla è stato proprio Taccone, che si è letteralmente suicidato con la questione fideiussione. Un autogol pazzesco, frutto di una gestione scellerata, che ha riportato l’Avellino calcio laddove l’ex presidente lo aveva trovato, ossia nell’oblio del calcio italiano.

Troppa superficialità, troppa convinzione, troppe bugie. Gli stessi peccati di cui Taccone si era già macchiato nel corso della sua presidenza. Perché se è vero che sul campo il suo Avellino era stato capace di guadagnarsi la salvezza in B per cinque stagioni consecutive, è vero anche (e soprattutto) che in questi anni la società biancoverde è finita in prima pagina per questioni che col campo avevano davvero poco a che fare. Basti pensare al caso scommesse o al caso “Money Gate”, che hanno tenuto in apprensione i tifosi per mesi e hanno macchiato in maniera considerevole l’immagine della società. E lo stesso discorso vale per i deferimenti relativi alle vicende Arini e Trotta o allo scandalo del settore giovanile, quando Taccone fu inibito per 6 mesi (poi ridotti) per “aver affidato la gestione a dirigenti non competenti e aver violato da un punto di vista logistico le norme previste dalla ‘Carta dei Bambini'”. Pagine nere, che al netto dei successi giudiziari ottenuti in diverse circostanze, hanno fatto sì che i tifosi perdessero man mano fiducia e che la politica del calcio considerasse quantomeno “ingombrante” la figura di Taccone. Troppi dubbi, poca chiarezza. Fino all’esclusione dal campionato di B per una fideiussione sbagliata.

Un’esclusione nata e sviluppatasi in tempi e modi perfettamente aderenti all’assurdità della situazione. In un “giorno di festa”, mentre il patron sorride al fianco di Anna Falchi, l’Avellino riceve il primo no. Ma secondo Taccone “è una stronzata”, bisogna stare tranquilli. E una volta risolto il tutto il presidente promette che andrà a prendere i giornalisti “ad uno ad uno”. Ma la situazione non si risolve. Il Collegio Arbitrale del Coni dice no, il Tar pure. L’Avellino scompare dal calcio, i tifosi piangono. E Taccone, dopo essersi esposto in maniera considerevole, resta in silenzio affidandosi soltanto a grigi comunicati stampa. Oggi il Tar ha scritto la parola fine: l’impero di Taccone è crollato. Ora Avellino ha voglia di ripartire. Con un nuovo progetto, con nuovi volti, con semplicità. Basta processi, basta umiliazioni.

Questa piazza merita altro. E merita innanzitutto di mettersi alle spalle il passato e di guardare avanti. Si riparte dalla D. E su questo, va detto, Taccone ci aveva visto giusto dal momento che dopo la vittoria di Brescia, nello scorso mese di gennaio, ai microfoni di PrimaTivvù aveva tuonato: “Senza di me, tornerete in Serie D”. Aveva ragione, presidente. Quella volta aveva ragione…

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