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Ufficiale – Avellino Calcio fuori dai giochi anche secondo il TAR: ecco ora cosa può succedere

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L’intera piazza irpina è con il cuore in gola in attesa della sentenza del TAR del Lazio, una situazione che da mesi divide l’intera tifoseria, ancora confusa da quanto accaduto questa estate. Intorno alle ore 11.00 di questa mattina, in redazione, è arrivata l’indiscrezione riguardante l’esito negativo da parte del Tar del Lazio. A conferma di quanto trapelato, in questi minuti è arrivata la notizia riguardante il respingimento del  ricorso presentato dall’Avellino calcio di Walter Taccone, eliminando qualsiasi possibilità di veder ammetssa la squadra biancoverde nel campionato di Serie B. A quanto si apprende, nonostante l’ottimo dibattimento tenutosi ieri fra gli avvocati biancoverdi ed i legali della FIGC, i magistrati del tribunale amministrativo hanno respinto ogni appunto procedurale impugnato dalla società biancoverde, escludendo la discriminazione tanto millantata basata dal comunicato n.59 del 30 agosto 2018. Attualmente i legali biancoverdi aspettano la PEC dal TAR, in modo tale da poter valutare un eventuale ricorso al Consiglio di Stato, che potrebbe garantire solo un risarcimento economico alla persona di Walter Taccone ma non l’ammissione al campionato di Serie B.

Insomma oggi si conclude questa fiction tutta biancoverde, iniziata 9 anni fa e conclusasi nei peggiori dei modi, il 12 luglio 2018 è la data che sancisce il ritorno il Serie D dell’Avellino calcio, quel che rimarrà nella storia è aver definito, spontaneamente, tutta questa vicenda una “stronzata” a conferma della presunzione mostrata dal presidente in questi ultimi anni che di fatto hanno portato all’esclusione dell’Us Avellino.

Taccone ora valuterà alcune cose. Se dichiarare fallimento della sua società, oppure visto che la società è solo non ammessa alla Serie B, iscriverla in serie minori. Con iscrizioni chiuse dalla Serie D, all’Eccellenza e Promozione, però, Taccone potrà, nel caso, solo ripartire o dalla Prima o Seconda Categoria Provinciale. 

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Un commento

  1. In tutta questa vicenda c’è qualcosa che non mi torna e che non ha a che vedere con la vicenda nel suo specifico, ma con i meccanismi che legano fra loro i “sistemi organizzati”, le “regole” e il “ruolo degli amministratori”, dove con la parola amministratore intendo tutto: di beni, di attività e di regole.
    Se dovessimo appellarci alle sole regole non servirebbe un “amministratore di regole”, se la regola dice che c’è un termine da rispettare, un requisito da rispettare, ecc. e non viene fatto, inutile appellarsi, regole e fatti sanciscono da soli “cosa è corretto e cosa non lo è”.
    Nella mia azienda potrei dire, ogni qual volta riceviamo una fornitura, “cosa è conforme e cosa non lo è”, eppure, nonostante ciò, più le aziende si danno regole più investono in persone capaci di amministrare quelle regole, un motivo ci sarà?.
    Quale?, nel nostro caso si chiama “deroga”, la deroga è quella cosa che, se saputa usare da un “amministratore di regole” di una azienda, permette ad un fornitore, pur richiamato, di non subirne un danno e all’azienda di non fermare un meccanismo che a cascata si ripercuoterebbe su altre attività e soggetti (catena produttiva).
    La deroga sancisce e riconosce in primis l’esistenza di regole e i termini del rispetto delle stesse, ma anche la facoltà, in capo “all’amministratore di regole”, di non fermare la ruota qualora la cosiddetta “trasgressione” non abbia ricadute e conseguenze, né di tipo materiale, né di tipo morale.
    D’altronde l’affermazione “l’eccezione che conferma la regola” è vecchia come l’uomo, o meglio come l’uomo da quando si è dato delle regole.
    In un “sistema organizzato” un amministratore di regole incapace di svolgere questo tipo di ruolo finisce con il rivelarsi un danno per tutto il sistema, interno ed esterno.
    Regole alla mano chiunque di noi avrebbe potuto dire se l’Avellino aveva rispettato le regole; serve il “rating”?, non hai il “rating”?. Sei fuori!… come diceva Briatore in quel famoso programma televisivo.
    Quel qualcosa che non mi torna forse troverebbe risposta nella testa di chi è stato chiamato a valutare questa vicenda nei diversi gradi di giudizio, “amministratori di regole” ai quali, a rigor di fatti, gli si può quantomeno riconoscere uniformità di giudizio, ciononostante, per quello che è il mio modo, anche limitato, di vedere le cose, la domanda nasce spontanea.
    Si tratta di incapaci o di burattini?, o di qualche cosa che io, personalmente, non mi so spiegare.

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