Da 15 anni a questa parte ogni maledetto 14 febbraio una ferita si riapre e squarcia l’anima e il cuore di tutti gli italiani. Tanto è passato da quando Marco Pantani è andato via in fuga per l’ultima volta, lasciando dietro di sé il dolore dei suoi ultimi anni di vita e un mistero che ancora oggi è fitto di ombre, di dubbi, di silenzi assordanti. Il ciclismo – per sua natura – è uno sport di fatica e sudore, di salite e discese, capace di rendere gli uomini eroi. E questa era la sorte di Marco – baciato da un talento smisurato e al tempo stesso da una fragilità profondamente umana – che è stato, è e resterà uno degli atleti più amati di sempre. Non per le vittorie o per la bacheca, ma per come vinceva. Non per la schiacciante superiorità sugli avversari, ma per le emozioni che riusciva a trasmettere. Non per il suo tragico destino, ma per il suo modo così semplice eppure così straordinario di essere Campione.
[tps_title] PANTANI NEL 1998 AL LAGO LACENO[/tps_title]L’attacco di Marco Pantani sulla salita del Lago Laceno nel 1998
Diversi sono i ricordi che legano Marco Pantani all’Irpinia al passaggio del Giro d’Italia. Lo scalatore di Cesenatico non ha mai trovato successi sulle montagne avellinesi. Infatti, sia sugli arrivi a Montevergine che al Laceno, il Pirata non ha mai brillato. Ma come? Uno capace di staccare tutti su grandi montagne come l’Alpe D’Huez, o a Piancavallo o ad Oropa viene sconfitto su rampe più dolci come Montevergine o il Laceno. Non c’è nulla di clamoroso in tutto questo. Come riportò lo stesso Pantani, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, dopo un deludente arrivo a Montevergine nel 2001, “Le prime settimane di Giro servono da rodaggio, la condizione si acquisisce tappa dopo tappa. E’ normale non essere al top alle prime tappe, l’importante è esserlo sulle Alpi e le Dolomiti quando serve, nell’ultima settimana. Vedete il 1998, al Laceno, non troppo distante da qui, persi, ma poi recuperai tutti e vinsi il Giro. È sempre stato così. Quando vinsi nel 1998, sulla prima salita di Lago Laceno venni staccato da Zülle, eppure dopo mi sono rifatto. Dunque, questo di Montevergine non è certo un giudizio definitivo”.
E proprio di quella tappa citata da Marco in quell’intervista, il Laceno del 1998, che vogliamo tracciare il ricordo del Pirata legato all’Irpinia. Un ricordo non vincente, almeno sulla carta, ma che spalancò a Pantani l’inizio del suo anno di grazia. Si può dire che da quella sconfitta al Laceno, Pantani iniziò il suo cammino verso la doppietta Giro-Tour 1998, (ultimo atleta a riuscirci da allora) e al passaggio trionfale degli Champs Elysee.
Era il 22 maggio 1998, la 6^ tappa della corsa rosa. Partenza da Maddaloni e arrivo in salita, il primo del Giro, al Lago Laceno. Tappa abbastanza breve, circa 170 km. Pantani doveva recuperare alcuni secondi alla maglia rosa indossata da Michele Bartoli. L’opportunità arriva sul terreno preferito dal Pirata, la salita. Ma non è una salita per Marco. E’ una rampa abbastanza corta e con pendenze non eccessive, più adatta a passisti con lo spunto veloce. Infatti Pantani prova i suoi affondi a Bartoli, ma non riuscirà a staccare i rivali, anzi, perse, arrivando quarto con qualche secondo di distanza dallo svizzero Alex Zülle che si prese anche la maglia rosa. Per i tanti presenti, per i commentatori e i critici di Pantani, fu una sconfitta deludente, l’inizio di un declino di un campione mai esploso. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che da quella salita, Pantani, avrebbe vinto da lì a due mesi, Giro d’Italia e Tour De France. Fu proprio al Laceno, in quel 1998, che Marco lanciò il guanto di sfida a tutti, una sfida che avrebbe stravinto entrando nella Leggenda del ciclismo e nei cuori di tutti gli sportivi.[tps_title]LA TARGA COMMEMORATIVA AL LACENO[/tps_title]