Il caso ha voluto che il mio esordio mensile di collaborazione con SportAvellino.it coincidesse con la promozione diretta in Serie B del nostro amato Lupo, circostanza non da poco per un appassionato. Cercando, perciò, di non lasciarmi prendere dalla pur naturale emozione del momento, proverò a raccontarvi la storia di “un normalizzatore divenuto condottiero”. Attraverso un’analisi il più possibile lucida ed obiettiva, consegnando alcune brevi considerazioni sulla stagione della squadra biancoverde.
Avellino, l’inizio stagione: Pazienza, Perinetti e Condò
Voglio essere chiaro sin da subito: sono stato tra coloro che avevano apprezzato la scelta della società di ripartire sia da mister Pazienza, sia dal responsabile dell’area tecnica Giorgio Perinetti e dal direttore sportivo Luigi Condó. A loro il merito di aver condotto la squadra alla semifinale Playoff contro il Vicenza.
La nostra si è dimostrata comunque “una dirigenza al servizio dell’allenatore”, evitando possibili alibi e allestendo, a mio avviso, una squadra forte, ben costruita e strutturata per occupare posizioni di vertice. Nonostante tutto, si può affermare senza timore di smentita, di aver osservato, nelle prime cinque giornate (forse troppe) una squadra senza idee ed in balia di se stessa, insomma una squadra senz’anima.
L’arrivo di Biancolino: l’effetto del “normalizzatore”
La legittima delusione ha lasciato spazio alla voglia di pronto riscatto, nell’unica maniera possibile: con l’esonero di mister Pazienza e dell’intera area tecnica e la conseguente scelta delle “soluzione interna”. Affidando la guida della prima squadra a mister Raffaele Biancolino, promosso dalla Primavera con la quale si era distinto egregiamente, e assegnando nuovamente il ruolo di direttore generale a Giovanni D’Agostino e quello di direttore sportivo a Mario Aiello, anch’egli promosso dalla Primavera. Quanto accaduto ha prodotto un generale apprezzamento, tanto negli sportivi, quanto nei colleghi giornalisti. Apprezzamento al quale, ben presto mi sono unito anch’io e che nel tempo è andato in crescendo.
In effetti, dalla partita con la Turris, (poi esclusa dal campionato) e fatta eccezione per la sconfitta di Foggia, il nuovo Avellino è uscito dal guscio, mostrando tutto il suo valore ed il suo potenziale, segno che forse la squadra costruita da Perinetti e Condó non era poi così tanto scarsa. A tal proposito devo fare ammenda, perché avevo qualche remora rispetto all’allontanamento del direttore Perinetti, ma anche qui i fatti hanno dato ragione alla società.
Evidente anche l’effetto del “normalizzatore”: un’Avellino che ha ritrovato un’anima, il suo spirito battagliero, è diventato un gruppo, che gioca da squadra, si diverte e fa divertire. Tutti i giocatori sono apparsi finalmente liberi di testa, e di gambe, e con il passar delle giornate concentrati sull’obiettivo. A favorire tutto questo, probabilmente un modulo di partenza, il 4-3-1-2. O comunque una duttilità tattica del mister, evidentemente volta ad esaltare le caratteristiche degli elementi della rosa.
Mario Aiello, parlare con i fatti: il mercato di gennaio
Tutto al proprio posto, tutti i calciatori nei ruoli a loro più congeniali, insomma bastava davvero poco. Ed oggi “poco” ha il senso del “tutto”, e dà senso al tutto. Viene da pensare, poi, al lavoro del direttore Aiello, che ha dimostrato di parlare con i fatti ed in grado di convincere anche i più scettici. Con un mercato di gennaio perfetto, fatto anche di un lavoro sotto traccia, che ha ricordato un calcio d’altri tempi. Gli innesti giusti, ai posti giusti: Lescano, Palumbo, Panico, Cagnano. Davvero niente male.
Avellino, “La cooperativa di Biancolino & Co”
L’Avellino è diventata, per dirla con una definizione di un collega giornalista, “la cooperativa Biancolino e Co.”: si sostiene, si conosce e si riconosce nel proprio allenatore. Una scelta coraggiosa, una scommessa vinta dalla società e da Giovanni D’Agostino. Un allenatore divenuto gradualmente un condottiero, capace di ragionare un passo alla volta, ricreando compattezza nello spogliatoio e “mutuo soccorso” tra gli atleti. Da chi va in campo, a chi subentra: se si commette un errore, ecco pronto il compagno a sostenere e, magari, a rimettere le cose a posto. Una solidarietà di squadra che riporta alla mente dolci ricordi, che richiamano ad esempio proprio il tempo in cui la coppia gol biancoverde era Molino-Biancolino.
Ciò che resta nei nostri occhi di osservatori e di tifosi di quest’Avellino, è stata la naturalezza nel far riuscire giocate spettacolari: non è tanto l’esecuzione del gol ma la quasi perfezione nelle rifiniture.
Inoltre, abbiamo osservato, con il nuovo corso, un’Avellino granitica. A prova di denigratori, che pure ci sono stati. Un’Avellino che, nell’ultimo mese quando in difficoltà, ha dato la sensazione immediata di voler tornare subito in sé, non perdere il controllo della partita e farla sua, col piglio della grande squadra. Torna alla mente, a proposito, il match al “Massimino” di Catania o il derby con il Benevento. I “passaggi a vuoto o deludenti”, pochi per fortuna, non hanno scalfito minimamente la consapevolezza del nostro valore.
La promozione in cinque aggettivi: una vittoria di tutti
Se mi chiedeste di scegliere cinque aggettivi per definire questa promozione, vi risponderei senza esitare che è stata la promozione: del coraggio; dell’unione; della lungimiranza; della perseveranza e della tenacia. C’è stato il coraggio di una scelta, quella del nostro condottiero, che sembrava la scelta della disperazione ma che, poi, si è rivelata lungimirante. Senza dimenticare la perseveranza, e la tenacia, di chi ha dimostrato consapevolezza della competenza. Di chi ci ha sempre creduto e con quella scelta ha respinto con veemenza ogni ipotesi di ridimensionamento del progetto sportivo.
Certo, è stata la promozione di tutti: dei giornalisti che hanno saputo mantenere dritto il timone, lavorando, in maggioranza, per far emergere uno spirito costruttivo; dei tifosi che al momento giusto hanno saputo ricompattassi ed unirsi.
Non sono mancate le ipocrisie di chi ha preferito far prevalere il disfattismo ed ora sale sul carro del vincitore: è proprio vero “la sconfitta è orfana e la vittoria ha tanti padri”.
Avellino, oggi è già domani: la programmazione del futuro
Ma oggi è già domani e, dunque, dopo la festa e gli onori per tutti, legittimi e meritati, bisognerà cominciare a programmare il futuro. Ripartendo, magari, proprio dagli artefici di questa straordinaria cavalcata: mister Biancolino ed il direttore sportivo Mario Aiello, che avrà il compito di puntellare una squadra già forte e ben strutturata, con pochi acquisiti mirati e funzionali alla nuova categoria.
Senza dimenticare il responsabile della biglietteria Giuseppe Musto, persona di garbata e spontanea cordialità ed al quale auguriamo di continuare a gestire una gran mole di lavoro, il segretario Tommaso Aloisi ed infine, il sempre attento e disponibile addetto stampa Alfonso D’Acierno.
Dalla società sembrano giungere rassicurazioni in tal senso, anzi parrebbe che l’assetto dirigenziale sarà strutturato proprio tenendo conto della nuova dimensione nella quale saremo chiamati a calarci e a competere, sognando il nuovo stadio.
Non resta che attendere: perché in fondo, sono proprio solide fondamenta, speriamo assicurate ancora a lungo dal gruppo D’Agostino, a rappresentare la garanzia per solide certezze. Buon lavoro e… viva il lupo sempre.