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Avellino calcio – Il profilo di Pierpaolo Marino: un big tra i big

Stavolta è tutto vero. Stavolta il sogno è pronto a diventare realtà. A 27 anni di distanza dal suo addio, Pierpaolo Marino è pronto a tornare a casa. Sarà lui il manager plenipotenziario del nuovo Avellino targato Gianandrea De Cesare. Sarà lui la garanzia, il marchio di qualità del nuovo progetto calcistico avellinese. Non si poteva chiedere di meglio per ripartire. Dirigente navigato, manager stimato, Marino rappresenta il non plus ultra per il tifo e per i colori biancoverdi.

Classe 1954, Marino muove i primi passi della sua notevole carriera proprio ad Avellino. Sono gli anni della Serie A, gli anni del lupo guidato da Sibilia che fa innamorare l’Italia intera. Il giovanissimo Marino veste i panni del direttore sportivo. Il talento c’è e si vede lontano un miglio. Ad accorgersene per primo è Italo Allodi, uno che di calcio se ne intendeva, che non a caso decide di portarlo con sé al Napoli. È il Napoli che si prepara a compiere il grande salto da provinciale a big del calcio italiano. È il Napoli di Maradona e del primo scudetto, sul quale c’è forte anche l’impronta di Marino grazie alle sue notevoli intuizioni di mercato. Ad un certo punto, però, le strade del club partenopeo e del dirigente irpino si separano. Il motivo? Le divergenze con Moggi, che nel frattempo prende il posto di Allodi. Marino non ne vuole sapere di scendere a compromessi. A testimonianza del suo modo di essere e di fare calcio. Lascia Napoli con tanta voglia di dimostrare altrove il suo valore. Per questo riparte dalla Roma di Dino Viola, uno dei principali antagonisti di quel Moggi che ne aveva sancito l’addio dal Napoli. In giallorosso le cose non vanno benissimo e quindi Marino torna a casa, ad Avellino.

Il suo primo amore, la sua prima creatura, ha di nuovo bisogno di lui. La gloria della A è ormai un ricordo e Marino, nelle vesti di presidente, si occupa di tenere a galla un lupo in difficoltà. L’esperienza in Irpinia si rivela fondamentale per temprarne ulteriormente il carattere, se mai ce ne fosse stato bisogno, e per affinare le sue capacità sportivo-amministrative. Direttore sportivo, direttore generale, presidente: dove lo metti sta. Marino è un uomo dalle mille risorse, capace di splendere in qualsiasi contesto. Come a Pescara, dove nonostante qualche spiacevole vicenda, fa bene il suo lavoro arrivando a portare in Abruzzo un campione del calibro di Dunga. Un’utopia per molti, non per lui. Abituato ad un calcio fatto di sogni, di passione e di sentimenti. Come quello praticato nella piccola Udine, trasformata da Cenerentola in splendida realtà del calcio italiano. Nel Friuli Marino si conferma maestro nello scovare giovani talenti (Amoroso, Pizarro, Jorgensen, Bierhoff) e nel garantire il salto di qualità alle sue squadre. L’Udinese diventa un modello da imitare sotto il punto di vista gestionale. Spese minime, risultati massimi (persino un terzo posto) e bilancio sempre in attivo. Ecco spiegato perché nel 2004, quando bisognava rifare il Napoli dalle ceneri, De Laurentiis non ha dubbi: l’uomo giusto è Pierpaolo Marino. Ad Avellino, complice il testa a testa tra le due squadre per la promozione in B, non tutti la prendono bene. Ma Marino va avanti con il suo lavoro e in tre anni, uno oltre il previsto complice proprio il miracolo dei lupi, riporta gli azzurri in Serie A. Da lì Hamsik, Lavezzi e l’ennesimo salto di qualità. Quando si dice la competenza. Poi l’Atalanta. E un progetto serio ed equilibrato, di quelli che piacciono a lui. Ma a Bergamo non tutto va come previsto e l’esperienza è positiva solo a metà.

Fermo dal 2015, ora Marino ha una voglia matta di ripartire. E vuole farlo da Avellino, da casa sua. Dove tutto ebbe inizio. Ora il cerchio è pronto a chiudersi. Marino è pronto a dare tutto sé stesso per riportare l’Avellino dove merita. Sa come fare, sa cosa fare. Il binomio è pronto a ricomporsi. Sembra un sogno, ma è invece la splendida realtà.

 

 

 

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