[tps_title]La storia[/tps_title]
Settimane di indipendentismo. La Spagna e la diatriba con la Catalogna hanno attirato le attenzioni di tutta Europa. Il Barcellona, uno dei club più importanti d’Europa ha espresso la propria vicinanza ai manifestanti e non sono mancate le dichiarazioni da parte dei giocatori, evidenziando il legame sempre più solido che si crea fra la politica e lo sport, fra identità culturale ed una maglia. E la Catalogna non è l’unico esempio esistente in Europa di territorio ribelle, in ogni angolo europeo individuiamo popolazioni alla ricerca dell’autodeterminazione, l’affermazione di una propria identità sociale e statale, una ricerca spessa fallimentare per via dell’opposizione dello Stato maggiore.
A poche miglia dalle coste italiane, c’è un’intera regione sull’orlo di una crisi politica e sociale. Una regione che da secoli viene ignorata ma da sempre ha lottato per la proprio autodeterminazione. Una regione non ricchissima ma con un territorio dal valore storico, politico, e soprattutto geografico importantissimo. Stiamo parlando della Corsica, regione divenuta francese solo nel 1768, ceduta in pegno per debiti dalla Repubblica di Genova a Luigi XV, isola che ha dato i natali a Napoleone Bonaparte, da sempre caratterizzata per lotte indipendentiste e una repulsione per gli occupanti (Stato Francese). La Corsica ha respirato qualche anno di indipendentismo, infatti nel 1755 sotto la guida di Pasquale Paoli “babbù di a patria” cosi comunemente chiamato sull’isola, fu istituita la repubblica Corsa, il primo stato europeo dotato di una costituzione democratica. Nel 1914 l’isola non fu altro che un enorme dispensa di truppe durante la Prima Guerra Mondiale, tramite una legge speciale furono mandati al fronte piu di 40.000 uomini di cui poco meno della metà non fecero più ritorno.
[tps_title]Il Bastia[/tps_title]
Guardando in questi ultimi anni la Ligue 1 francese non si possono non notare i tifosi corsi del Bastia, squadra delle omonima città marittima a nord della regione, retrocessa quest’anno in terza lega francese per problemi economici.
I tifosi sono variopinti, entusiasmanti, ed il rapporto fra territorio e squadra rappresenta un modus vivendi, una condizione di identità ed orgoglio, di nazionalismo ed indentitarismo. In Europa esistono poche realtà simili, perché il Bastia, insieme all’Ajaccio, rappresenta un intero territorio. I tifosi arrivano da tutta l’isola perchè tifare il Bastia significa affermare una propria idea, la propria lingua, la propria bandiera. Insomma lo sport è condizione di legame geo fisico e sociale, tanto da apparire un soggetto unico negli occhi dei propri tifosi.
Gli Ultras del Bastia 1905 o più comunemente chiamati Turchini, sugli spalti manifestano tutto il loro sentimento politico. All’interno dello stadio Furiani i tifosi sventolano fieri le bandiere della Corsica e ad inizio di ogni match viene cantato l’inno ufficiale dello Stato corso. Le tensioni con lo stato centrale francese non sono mai mancate in ambito sportivo, nel 2002 in occasione della finale di Coppa di Francia, persa contro il Lorient per 1-0, subissarono di fischi l’inno nazionale francese a tal punto da far abbandonare lo stadio dall’allora Presidente Chirac. Dopo gli attentati avvenuti a Parigi nella redazione di Charlie Hebdo, non sono mancate le polemiche con lo stato francese, quest’ultimo colpevole di aver richiesto espressamente di diffondere l’inno francese per commemorare le vittime, decisione accolta da tutta Europa, inno che doveva essere intonato proprio in occasione del derby della Corsica fra lo Sporting Club Bastia e l’Ajaccio Gazelec.
Tramite un comunicato i tifosi espressero il loro malumore ed insoddisfazione per la decisione, poiché era già in programma la commemorazione di un collaboratore del club e per le vittime dell’attentato.
Dopo delle “pressioni informali” e la paura di diventare un “caso” unico nel panorama europeo di mancanza di vicinanza al dolore delle vittime degli attentati, la società padrona di casa ha ceduto alle richieste, così oltre all’inno corso, durante il quale è stato srotolato uno striscione in dialetto isolano “Ripusate in pace”, è stata intonata anche la “Marsigliese”, alla quale non hanno assistito gli ultras locali che sono entrati alla sua fine e hanno dichiarato che, pur nel rispetto del dolore umano per le vittime, quell’inno non gli apparteneva.
Nel 2015 la vittoria del partito indipendentista, Pe a Corsica, apre uno spiraglio nell’affermazione dell’isola all’interno dello scenario internazionale, purtroppo da considerarsi un illusione. L’instabilità economica venutasi a creare nell’ultimo biennio ha acuito le tensioni sociali, sfociate in una tensione permanente contro lo Stato francese.
Movimenti come “Ghiuventù indipendentista” o “Rinnovu Naziunali”, si sono resi protagonisti di una simbolica crociata contro la finanza e soprattutto contro le istituzioni francesi non ha risparmiato il mondo del calcio. Ed è da questo momento in poi che i tifosi del Bastia si trasformano in un qualcosa di diverso, macchiandosi di diversi atti di violenza, come nel febbraio 2016 a Reims dove gli ultras Turchini hanno devastato il centro cittadino, il tutto nato da scontri violenti causate dalle forze dell’ordine. Ma il 2016/2017 è l’anno dell’aggressione a Balotelli, ai tifosi rivali del Nizza, l’ inspiegabile attacco ai giocatori del Lione che si stavano riscaldando prima del match al Furiani.
Essere “turchini” significa vivere il Bastia, le sue crisi occupazionali, i suoi mutamenti impercettibili, il suo ermetico substrato sociale. Significa, semplicemente, essere còrsi.
Gli Ultras del Bastia 1905 non sono solo un gruppo di appassionati di calcio. Per loro il Bastia è un motivo di rappresentanza a livello regionale se non anche internazionale. Uno strumento per far sentire la propria voce all’interno del panorama francese ed europeo.
Esser tifosi del Bastia significa avere un filoconduttore che lega i gradini alla politica, un sentimento cosi forte da far innamorare anche i giocatori, che ovviamente non sono originari della Corsica. Un clima cosi caldo che appena si entra in contatto con loro ci si rende conto di non essere in Francia, ma in un territorio culturalmente indipendente, legato alla terra ferma solo per aver dato i natali a Napoleone, nato poco dopo il passaggio dell’isola ai Francesi.
Attualmente il Bastia milita nella terza divisione francese, l’equivalente della nostra Serie C, retrocessa in questa categoria a dir poco stretta per i problemi economici riscontrati la scorsa stagione.
[tps_title]Parla Romain Paoli[/tps_title]
Abbiamo contattato il portavoce del gruppo Ultras Bastia 1905, Romain Paoli, che ci ha introdotti in una delle curve più calde e più belle d’Europa.
Siete uno dei gruppi ultras più colorato d’Europa. Le vostre coreografie hanno fatto il giro del mondo, e la vostra passione non è passata inosservata. Cosa significa per voi esser tifosi del Bastia?
“Come per la maggioranza degli ultras è spesso un’eredità familiare. La differenza con la maggior parte delle altre tifoserie è che il nostro amore per Bastia supera l’amore semplice per la sua città, un giocatore o la maglia. Bastia è per noi la bandiera della nostra identità, è l’orgoglio di vedere ovunque la Testa Mora ed è riconosciuta dai nostri avversari. Naturalmente amiamo il calcio. E’ molto importante in Corsica, ma è spesso l’orgoglio di essere corsi che ci spinge a tifare Bastia, perché il club è il più popolare dell’isola e ci sono sostenitori ovunque sulla nostra isola e oltre, tra la diaspora corsa in Francia”.
Nel 2002 il presidente Chirac, in occasione della coppa di Francia, abbandonò lo stadio in occasione dell’ondata di fischi piovuta dagli spalti non appena intonata la marsigliese. Piu’ recentemente avete criticato aspramente la decisione di suonare la marsigliese come simbolo di unita nazionale in occasione degli attentati di Charlie Hebdo, sottolineando il vostro rispetto per le vittime di tale attentato, ma evidenziando un distacco da questa voglia di unita nazionale. Voi Ultras del bastia come vivete il rapporto con la capitale Parigi?
“Da decenni, la Corsica sta esprimendo una pretesa alla sua identità e alla sua storia che va dal semplice specificismo al desiderio di indipendenza. Senza appartenere ad un partito politico, il Bastia 1905 adotta questo patriottismo, politicamente chiamato nazionalismo. Riconosciamo la Corsica come la nostra Patria ei suoi simboli (bandiera e inno nazionale) sono nostri. Noi siamo così inconfondibili nelle nostre richieste come la Francia può esserlo quando tratta di negare la nostra esistenza reale come un popolo proprio. Per quanto ci riguarda, lo stadio agisce come un’eco e le richieste devono coesistere con il sostegno alla squadra. I nostri canti per esempio sono tutti in lingua corsa. L’episodio della Marseillaise dopo gli attacchi a Parigi non era altro che il desiderio di essere coerenti e di rendere omaggio alle vittime con i nostri simboli non quelli che la Francia ci ha imposto da tre secoli”.
Il 2015 segna una svolta per il partito indipendentista Pa a Corsica, segnando una politica diversa per l’isola, quanto ha influito il calcio su questo risultato?
“Dopo anni di lotta armata, i nazionalisti hanno scelto di allontanarsi dalla violenza solo alla politica pubblica. Questa scelta è per il momento vincente poiché hanno vinto le elezioni. Il calcio è ancora un mezzo per esprimere ed esportare l’identità corsa, ma anche questo modo di esprimersi è evoluto. E’ un paradosso. Il pubblico di Bastia è fiero della sua reputazione sulfuro, ma è molto preoccupato dato che il club può essere sanzionato. L’aspetto sportivo diventa molto più importante della reputazione. La gente ama sentire il rumore delle bombe o vedere i fumogeni. Ma non accettano sanzioni. Questo è complicato da gestire per noi ultras, perché anche se la violenza non ha una fine a sé, fa parte della storia di Furiani e della nostra tifoseria. Quando parlo di violenza, e sia chiaro, sto parlando di impressionare l’avversario. Gli atti di violenza diretta non sono premeditati sono reazioni umane incontrollate, a volte giustamente, talvolta ingiustamente. Perché essere Furiani è questo. Non sono necessariamente le più significative coreografie, i cori più originali, ma uno stadio pronto ad esplodere in qualsiasi momento. La difficoltà, per noi, è trovare il giusto compromesso per il bene della squadra senza tradire la nostra identità, perché il calcio in Corsica sembra evolversi come la politica, cercando di dare un’immagine più “pulita”.
Nel 2016 gli scontri di Reims segnano un cambiamento. La polizia ha arrestato molti membri della tifoseria. Da questo momento in poi qualcosa sembra esser cambiato in voi, numerosi gli episodi violenti, come l’aggressione al portiere del Lione fino alla retrocessione ed adesso l’iscrizione alla quarta serie francese. Cosa è avvenuto?
“Gli eventi di Reims sono davvero un punto di svolta per noi. La sensazione di ingiustizia a causa dell’inadempimento di Maxime, il nostro membro, e l’accusa contro gli altri arrestati quel giorno ha provocato in noi una sensazione di rivolta permanente. Tutto ciò ha avuto gravi conseguenze per il gruppo. Molti dei nostri membri sono stati arrestati a seguito di scontri con la polizia ai margini delle manifestazioni di sostegno, alcuni arrestati. Abbiamo trascorso giorni e notti tra la strada e il palazzo di giustizia. Questi eventi servivano a radicalizzare una parte dei giovani che non potevano essere ascoltati e che sono quindi esposti alla giustizia francese e alla sua condanna. Approfittiamo di questa intervista per salutare e ringraziare i numerosi tifoserie italiane che ci hanno dimostrato il loro sostegno, specialmente i nostri fratelli sassaresi. Abbiamo provato tutto per ottenere giustizia giusta in questo caso, dimostrazioni, distribuzione di volantini, fino ad uno sciopero della fame…niente ha funzionato e la sensazione di rabbia è cresciuta fino alla partita contro Lione. Quel giorno abbiamo reagito senza fare domande sulle conseguenze della provocazione dei giocatori di Lione. Ognuno ha visto le immagini, non ho bisogno di commentarle. Conseguenze ancora una volta molto pesanti per il gruppo, con parecchie decine di diffidati, tutti membri più o meno attivi. Dopo questo evento e la rottura con il resto del pubblico, il gruppo ha deciso di fermare queste attività fino a nuovo avviso. Durante l’estate il club è stato retrocesso nella quinta divisione per motivi finanziari. Oggi abbiamo deciso di tornare allo stadio per partecipare alla ricostruzione, con un gran numero di diffidati e un gruppo leggermente più giovane. La strada sarà lunga … ma siamo abituati a combattere, Bastia 1905 non abbandonerà la sua squadra e i suoi membri”.
Come vedi la situazione in Catalogna?
“Sta uscendo fuori lo stato d’animo dei grandi paesi europei. L’idea di “Europa dei popoli” è un mito ormai a cui non crede più nessuno. La situazione non è paragonabile a quella della Corsica, abbiamo un enorme ritardo economico e istituzionale rispetto a loro.