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Sidigas Avellino, ecco i numeri della crisi

Se Pino Sacripanti potesse usare la macchina del tempo e modificare il corso degli eventi, sicuramente ritornerebbe al 16 febbraio, alle ore 19,30 circa; in quel momento, infatti, al Mandela Forum di Firenze mancavano due minuti e trentatrè secondi alla fine del quarto di finale di Coppa Italia e la sua Sidigas era sotto di un punto contro la Vanoli Cremona. Dopo il canestro di Sims, all’allenatore dei biancoverdi venne fischiato un fallo tecnico, che sarebbe poi costato 5 punti alla sua squadra;essa comunque riuscì a rimontare lo svantaggio e dunque accedere ai supplementari, ma ciò non bastò per evitare una cocente sconfitta che significava fallimento del primo obiettivo stagionale.

Quel frangente di quella partita è da considerare come una svolta, in negativo, della stagione della Sidigas Avellino; fino a quel momento prima in classifica, la spavalda e convincente formazione allenata dal tecnico canturino da allora in poi ha iniziato una lenta ma inesorabile fase discendente, sia sotto il profilo dei risultati che sotto quello del gioco. E non è da escludere che lo stesso Sacripanti, scagliatosi poi con veemenza contro l’arbitro Sahin( autore di quella chiamata) abbia cambiato atteggiamento mentale: il coach, infatti, in questi ultimi due mesi sembra spento e rassegnato, come se avesse perso molti dei suoi stimoli che lo hanno sempre spinto a lavorare sodo per migliorare la squadra; l’esatto opposto della persona combattiva e tenace che ha dimostrato di essere in questi due anni e mezzo trascorsi ad Avellino. Probabilmente fu proprio quello l’attimo in cui, magari anche inconsciamente, egli ha psicologicamente mollato, dopo aver sfogato in modo così plateale il suo nervosismo per una gara che i suoi si accingevano a perdere nonostante i gradi di favoriti.

Se la guida ha perso il timone, non è da stupirsi che anche i “marinai”- giocatori non rendano come potrebbero. Nel girone di ritorno la squadra ha perso 6 delle 9 partite fin qui disputate in Campionato, e considerando soltanto le gare giocate dopo quella sciagurata partita contro Cremona, la statistica recita un impietoso 1-4 (vittorie-sconfitte); oltre al successo contro Brindisi datato 11 marzo, le altre due gioie per i biancoverdi sono giunte dal cammino in Europe Cup, manifestazione nella quale sono ancora imbattuti anche in virtù dei due clamorosi pareggi nelle andate degi ottavi e dei quarti.

Le ultime tre sconfitte consecutive in campionato, contro Varese, Milano e Venezia, sono le partite che hanno aperto ufficialmente la crisi in casa Sidigas; di questi tre incontri le statistiche raccontano chiaramente il calo di prestazioni, soprattutto per quel che riguarda i punti segnati: una squadra che viaggiava a quasi 85 di media-gara, è stata bloccata rispettivamente a 75, 75 e 74; è sensibilmente diminuita la percentuale realizzativa, con un calo più evidente nei tiri da tre punti, specialmente negli ultimi due matches: contro Milano il 25 marzo, essa ha superato di poco il 25% (7 su 17) mentre contro i campioni d’Italia ha toccato un mediocre 35%. Nella trasferta di Varese, invece, pur tirando con un buon 52% da oltre l’arco, le difficoltà a fare canestro sono emerse nel tiro da due (solo 15 centri su 31 tentativi) e nei tiri liberi, con un modesto 50%. Il dato percentuale nei tiri da dentro l’area contro i lombardi non è stato il peggiore della stagione, superato solo dal 44,2% registrato nella sconfitta al PalaBigi di Reggio Emilia; quella partita, prima del girone di ritorno, col senno di poi può tranquillamente essere considerata come il primo campanello d’allarme per una squadra che fino a quel momento aveva ricevuto i complimenti di tutti, per qualità di gioco espresso e per risultati, e che non a caso si trovava in testa alla classifica.

Altro punto cruciale della stagione è stata la gara immediatamente successiva a quella contro la GrissinBon, ossia quella casalinga persa contro la Germani Brescia; il 28 gennaio, difatti, la Sidigas era in pieno controllo della partita, trovandosi in vantaggio di 13 punti nel terzo quarto. Quel vantaggio, però, venne dissipato grazie alle giocate di Landry e dei fratelli Vitali, che portarono i lombardi all’overtime dove, nonostante un super-Rich, gli avellinesi uscirono sconfitti per 95-96, a causa di un clamoroso buzzer-beater di Michele Vitali. Una sconfitta che lasciò amarezza e rabbia, lasciando presagire alcuni limiti della squadra avellinese che poi si sarebbero palesati con più insistenza nelle partite successive.

Incapacità di gestire le partite in vantaggio, di trovare le giuste contromisure alle mosse tattiche degli avversari, di andare oltre le gerarchie stabilite dalla panchina, sono i principali problemi della Sidigas attuale. A questi limiti collettivi, si aggiungono anche delle difficoltà individuali di alcuni giocatori, uno su tutti Ariel Filloy; il play della Nazionale aveva viaggiato con una media di 10,6 punti nel girone d’andata, ma nel girone di ritorno essa è scesa drasticamente a 6,8; parimenti il Capitano Leunen è passato da 8,7 a 6,4, con una lieve flessione anche alla voce rimbalzi (7 contro 5,6). Non è un mistero che questi due atleti figurano in cima alle gerarchie di Sacripanti, e dunque un loro calo di rendimento non può che avere conseguenze gravi sull’intera squadra. Cosa che è avvenuta anche a Jason Rich, ancora capocannoniere del campionato ma con una media che si è abbassata da 20,7 punti (dato della 15a giornata) agli attuali 19,9. Il cestista originario della Florida si sta dimostrando sicuramente il più continuo nel rendimento tra i tre leaders della squadra, ma sta denotando un certo nervosismo che probabilmente si riflette nella percentuale realizzativa dei tiri liberi, spesso al di sotto dell’80% nelle ultime gare (76,9% il dato provvisorio del girone di ritorno) , quando egli stesso viaggiava ben oltre (88,4%) al termine del girone d’andata; non si spiega, se non con motivazioni mentali, un calo di precisione così marcato di un giocatore così talentuoso quale è il numero 25 biancoverde.

Come spesso accade in situazioni di difficoltà, ci si appella alle assenze per giustificare le prestazioni negative, dunque da più parti si è sentito il rammarico per l’assenza di Hamady N’diaye, indisponibile causa infortunio. Il centro senegalese offriva senza dubbio un ventaglio di soluzioni offensive e difensive che non è nelle corde di nessuno dei giocatori attualmente arruolabili. La sua verticalità unita alla duttilità in difesa si sposavano bene col gioco di sistema ideato da Sacripanti. Ma tutto ciò non è sufficiente per spiegare la fase-no della squadra irpina. Semmai, se proprio si deve dare un’occhiata agli assenti, bisognerebbe guardare a Thomas Scrubb, assente sicuramente “sui generis“; l’ala canadese infatti non è indisponibile ma, nonostante abbia ampiamente dimostrato il suo valore( premiato anche come MVP del mese di gennaio), non gioca tantissimi minuti (il valore medio è di 18,8 a gara) e la cosa lascia alquanto perplessi, dato che inoltre il numero 11 è l’unico altleta del suo roster che gioca abitualmente nello spot di “tre“. Anche da questi piccoli dettagli si evince come coach Sacripanti non voglia rischiare, preferendo le certezze della sua gerarchia piuttosto che qualche azzardo che, per assurdo, potrebbe rivelarsi vincente.

Ed è probabilmente questo dato che chiude il cerchio sull’analisi dei problemi della Sidigas Avellino, una squadra bella ma incompiuta, allenata da un tecnico sicuramente valido ma spesso testardo, dal quale tutto l’ambiente si aspetta un’invenzione che possa condurre alla vittoria di un titolo.

 

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