Beata Gioventù, Frabboni: “Ve lo spiego io cos’è il rispetto per l’Avellino”

Cristian Frabboni, veterinario di professione, è il leader di uno dei gruppi della curva bolognese, la Beata Gioventù. E’ lui, nella foto. Lui a guidare il popolo rossoblu’ in mille battaglie. Lui, a sfoggiare, fiero, sul suo megafono, lo stemma del lupo. Si, dell’Avellino. E ha raccolto con gioia e rispetto il nostro invito dopo che la settimana scorsa, la foto sua e del suo immancabile megafono, ha fatto il giro del web. Per una peculiarità indossolubile, irrinunciabile: il lupo storico. Quello che ad Avellino è storia, fede, amore, passione.

Cristian, in molti si chiedono. Perchè quell’adesivo dell’Avellino lì sul tuo megafono?

“In una Curva il megafono è il mezzo con cui, in ogni partita, diffondiamo la nostra passione. E la diffondiamo, o cerchiamo di farla, non solo a chi vive in Curva da ultras ma in una Curva grande come quella di Bologna, anche alla gente comune che viene allo stadio per tifare e veder vincere la propria squadra del cuore. Ecco, la presenza di un semplice adesivo ha un valore enorme per noi. Un segnale importante. Lo definiamo onore noi. Vedi, sul mio megafono ci sono due adesivi. Uno è dell’Avellino, l’altro è della Nocerina. Ai nocerini ci sentiamo vicini anche in virtù delle ultimi vicissitudini calcistiche che hanno passato. Agli avellinesi lo dobbiamo come segno di rispetto. Insomma è una roba che portiamo nel cuore, qualcosa che è difficile da spiegare quando trovi una condivisione di intenti con persone che prima di conoscerle le stimi già a priori”.

Ma cos’è il rispetto nel mondo ultras?

“Avere la coscienza di confrontarsi con persone con gli stessi ideali. Persone sulle quali puoi contare anche se sono a mille chilometri di distanza. Questo è rispetto: condivisione di principi e valori con persone che sai, a prescindere, che non ti accoltelleranno mai alle spalle”.

Ci spieghi quando è nato questo rapporto con il mondo ultras avellinese?

“Eravamo ad un passo dal tracollo. Ad un passo dal fallimento durante la gestione scellerata di Guaraldi a Bologna. Organizzammo una manifestazione a Zola Predosa (il link qui ndr)Era la nostra battaglia, rischiavamo di scomparire di nuovo e non potevamo permettercelo. Eravamo in 3mila, forse anche di più. Era il 22 marzo del 2014. Ecco prima di quella manifestazione, a sorpresa, ci furono presentati alcuni ultras dell’Avellino. Erano venuti spontaneamente. ci siamo piaciuti dall’inizio. Una empatia forte, fortissima. Abbiamo apprezzato e non poco la loro vicinanza. da allora siamo rimasti in contatto. Fino allo scorso campionato nella gara di andata in casa vostra. Perdemmo 1-0 e prima del match, in 25 di noi, abbiamo raccolto l’invito degli Ultras avellinesi ad incontrarci davanti ad un bar vicino allo stadio. Ricordo che per una buona mezz’oretta abbiamo parlato e discusso di problematiche legate al mondo ultras, condividendone problemi, cercando di trovare idee sulle soluzioni. Sono stati 30 minuti intensi prima di dare il là alla festa con il calore che solo la gente d’Irpinia sa dare. C’era tanta roba da mangiare e da bere che pensavamo ad un certo punto di essere stati invitati ad un matrimonio. Invece era una partita di calcio. Quel momento è stato l’inizio di un rapporto di rispetto che ancora oggi va avanti”.

Quella partita l’avete persa 1-0 però

“Si è vero. Perdemmo 1-0. Ma ad inizio partita ci fu un coro che si levò dalla Curva Sud. “Rispettiamo chi ci rispetta” quello è stato un segnale forte e chiaro nei nostri confronti. Vedi, il mondo ultras va oltre il risultato. Con l’Avellino c’è un sentimento forte. Vivere il tifo per gli ultras è tanta roba. Avellino è apprezzata per il suo modo di vivere il calcio. Ne parlano tutti: la sciarpata è qualcosa di fenomenale. E’ tanta roba. ne parla l’Italia della Curva Sud di Avellino. Gente che è sempre presente, gente che non si ferma mai. Gente che lotta. Gente che propone nei direttivi, si fa avanti senza timori. Cosa che oggi è difficile trovare nel mondo del calcio”.

Sabato c’è la Salernitana, ci sarete? 

“E come fai a non raccogliere l’invito della Sud. Saremo in 15. Siamo contenti di essere lì in mezzo ai ragazzi. E siamo onorati di onorare una partita sentita come quella contro la Salernitana. Se è sentita per voi, è sentita anche per noi. Non possiamo mancare. Lo dobbiamo ad un popolo verso il quale, ripeto, nutriamo stima e rispetto infinito”.

E’ dura la vita da ultras, oggi?

“Restrizioni, orari spezzatino, divieti: oggi il calcio è diventato un percorso di guerra. In molte piazze la repressione p quasi scientifica. Hanno deciso di eliminare i “demoni” in un mondo legato solo al business, al merchandising, ai soldi. Gli ostacoli sono sempre più grandi. Ma noi ultras dobbiamo essere uniti ed abbiamo la testa dura. Più aumentano i problemi, più dobbiamo organizzarci per risolverli. Insomma, non ci fermiamo”.

Non c’è più nulla da dire, grazie della disponibilità

“Ed invece un cosa, l’ultima la devo dire. Vedere città come Empoli, Chievo, Sassuolo giocare in serie A e non vederci l’Avellino è un colpo al cuore. Voglio fare un saluto a tutta Avellino, non solo quella Ultras. Sono un over 40 ed ho un ricordo nitido dell’Avellino in serie A nel periodo del terremoto. Un ricordo nitido per quei calciatori, quella squadra che nel momento di tragedia, seppe dare alla gente un motivo per risollevarsi. Quel motivo era vincere sul campo per sorridere e dimenticare i morti e i danni ingenti. Questo è il calcio, questo è il calcio come noi Ultras vogliamo. Stanno tentando di strumentalizzarci tutti. Ma non molleremo mai. Non possiamo farlo

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