“Non sono un petroliere. Non ho acciaierie. Sono un modesto medico che per questa squadra ha dato tanto. Non fatelo per me. Ma fatelo per Avellino e per quei tifosi che sono fuori ad aspettare. Avrò pure sbagliato in qualcosa ma abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare. Il 5 luglio ho ricapitalizzato per quasi quattro milioni. E, perdonatemi se sbaglio, figuriamoci se potevo perdermi per 50 mila euro di fideiussione. Ne abbiamo presentato tre. L’ultima mettendo a garanzia 800mila euro di danaro contante. Quando siamo andati in banca ci hanno detto che potevano anche aiutarci ma avevano bisogno di 6-7 giorni lavorativi. La polizza, compreso l’ultima è agli atti. Il termine del 12 luglio è un termine perentorio, ma avrebbero potuto dircelo tre giorni e ora non saremmo qui. Ci hanno trattato in maniera indegna, infame. E ci rimettiamo al vostro giudizio. Con la coscienza pulita e consapevoli di aver fatto tutto quello che era nelle nostre potenzialità”. E’ il discorso di Walter Taccone. Ha preso la parola a fine udienza, per parlare alla corte. E per dire la sua. Il destino dell’Avellino è appeso ad un filo. A breve la sentenza
Avellino calcio, verso la sentenza – Taccone alla corte: “Non fatelo per me, fatelo per Avellino”

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