Ieri c’è stato al Partenio-Lombardi il venerdi nero dell’Avellino, il momento più difficile della gestione Taccone fino a questo momento. La società sta dando il meglio di se, prima con il direttore sportivo e ieri con il presidente, per non far crollare tutto. Come pompieri i vertici societari stanno buttando acqua sul fuoco e stanno proteggendo i giocatori esponendosi senza timore di sorta, come è giusto che sia. Il patron biancoverde ieri è stato chiaro: “Non rompiamo il giocattolo”. Lo spettro della Lega Pro è qualcosa di terribile e la città, come la squadra, davvero non è abituata a rivivere quest’incubo.
Le colpe di tutto questo le abbiamo cercate ma non si scappa: o si è tutti colpevoli o il colpevole non viene fuori. Eppure in questa settimana in cui la società si è fatta avanti di petto più di altre volte nel corso di questa stagione, qualche nebbia si è diradata. Forse qualche spaccatura si è iniziata a creare un venerdi di gennaio quando Taccone fece salire Marcello Trotta in tribuna per un colloquio con il presidente Stirpe. In quel pomeriggio in cui l’Avellino era in campo contro la primavera del Frosinone, pensandoci bene, qualcosa ha causato una crepa. La società mise in vetrina uno dei suoi pezzi migliori dicendo a tutti, a chiare lettere che il giocatore sarebbe partito. Chi voleva approfittarne doveva fare subito. Dopo la vittoria con la Salernitana marcata proprio Trotta arrivò il Sassuolo e via. E’ forse questo il momento in cui le prime crepe al giocattolo hanno iniziato a farsi spazio? Potrebbe essere che in questo momento qualcuno ha pensato: “Ma allora non si gioca per salire”? Il professionista è professionista ma “l’appiattimento”, termine usato da più parti in questa parte di stagione, arriva senza che lo vuoi. Ti ferma in un pomeriggio di gennaio e non ti molla più. Semplicemente perchè ti sei convinto di una cosa e non hai più stimoli. Puoi avere anche reazioni di orgoglio ma ritorna. L’arrivo di Joao Silva ha sottoscritto questa dimensione facendo piombare tutti, probabilmente, in un limbo del “tanto stiamo bene qui”. Ecco che dopo sei vittorie consecutive l’Avellino non si sa che fine ha fatto iniziando un declino “morale” verso l’incubo di ieri sera.
Ganz del Como, Sensi del Cesena, Ricci del Crotone, Falletti della Ternana, addirittura tre elementi del Pescara: Madragora, Lapadula e Caprari, sono rimasti dove sono. Opzioni, promesse fatte e giocatori anche venduti ma stanno finendo alla grande il loro lavoro dove lo hanno iniziato. Ci chiediamo: la società di appartenenza ha deciso questo per non cambiare al volo gli obiettivi prefissati? Se togli un Sensi al Cesena o un Lapadula al Pescara cosa sarebbe successo a queste squadre che sono in piena lotta play-off come lo era l’Avellino? Domande a cui avremo qualche risposta sicuramente a giugno. Prima c’è da incollare un giocattolo rotto e siamo pronti a metterci tutti un po’ di colla pur che questo avvenga subito.