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Arbitri fuorilegge: l’interesse dell’Isis per il gioco del calcio

L’attentato di Londra dell’altro ieri ha scosso nuovamente l’Europa, nuovamente l’incubo del terrorismo, in realtà mai cessato da, oramai, due anni. Individui singoli, piccoli gruppi, che tramite la diffusione della tecnologia riescono ad organizzarsi a distanza, ricevendo in molti casi un educazione ad uccidere sommaria, come dimostrano i metodi degli ultimi attentati, camion, macchine, insomma mezzi usuali, comuni trasformati in armi.

Ma alcuni gruppi terroristici utilizzano la passione della gente per il calcio come un modo per connettersi con futuri potenziali jihadisti. In netto contrasto con le tattiche di Boko Haram (Isis Nigeriano), il gruppo jihadista Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) ha caratterizzato il calcio nella sua propaganda campagne più volte quest’anno, addirittura falsificando un video raffigurante il famoso calciatore francese Lassana Diarra come un combattente jihadista in Siria, innescando un qualcosa divenuta virale sulla rete fino alla smentita da parte dell’avvocato del calciatore: “Non ha mai messo piede in Siria.”

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L’Isis non trova pace nemmeno nello sport, decidendo di render fuorilegge gli arbitri di calcio in una delle sue roccaforti siriani perché implementano regole della Fifa “in violazione dei comandi di Allah”.

Il tutto sarebbe partito da Deir el-Zor, zona orientale della Siria, dove l’Osservatorio Siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito, sostiene che i comandati jihadisti abbiamo stilato un insieme di regole da applicare durante le gare svolte basate sulla legge della Sharia, quindi rendendole conforme al diritto islamico e soprattuto evitando il contrasto con una norma che vieterebbe qualsiasi genere di interferenze di diritto estero. L’Isis vede i regolamenti FIFA come un interferenza nel loro diritto quindi è da eliminare.

Secondo fonti dell’Osservatorio, sappiamo che è stato introdotto un sistema di “Qisas” (termine islamico traducibile col nostro detto “occhio per occhio”) per i calciatori infortunati, che consiste nel poter richiedere un risarcimento o una sanzione nei confronti dell’avversario ritenuto responsabile del danno, riferendosi al sistema di giustizia retributiva emanata sotto la legge della Sharia, in cui le vittime possono chiedere un risarcimento o di vendicarsi.

Queste modifiche sono  avvenute prima dell’inizio della partite del campionato jihadista che si terrà tra le squadre nel territorio omonimo della città di Deir el-Zor.

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Nella città di Mosul, liberata solo in parte dall’Isis (la parte Ovest è ancora sotto dominio del gruppo jihadista che tiene in scacco circa  750.000 civili, stime Onu),la gente racconta di come fosse bizzarro l’intervento jihadista in materia sportiva, vietando l’esibizione di stemmi o marchi volti a rappresentare le squadre di calcio, come ad esempio i simboli di club come il Real Madrid o  Barcellona o  marchi come Nike ed Adidas, poichè i militari li consideravano falsi miti idolatrati in occidente, definendoli “Infedeli”. Le testimonianze riportano il divieto di utilizzare pantaloncini corti, imponendo agli sportivi d’ indossare dei pantaloni larghi al quale si aggiunge il bizzarro divieto di utilizzare il fischietto durante i match poiché “il suono attirerebbe i diavoli.”

I militari jihadisti hanno iniziato a rimuovere, all’interno delle strutture sportive, i cinque anelli olimpici, poichè simbolo da sempre del popolo infedele, nonostante che i 5 cerchi olimpici siano volti a rappresentare i 5 continenti.

 

La politica dell’Isis nei confronti del calcio e dello sport è guidata da opportunismo e impulso. Il gruppo disprezza fondamentalmente il gioco, ma non può negare che è popolare nei suoi ranghi e nei territori che governa.

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