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ESCLUSIVA: 1948/49 “Uno Splendido Sogno” Rossano racconta il broglio di Catania

Avellino 1944: una città che vuole risorgere dopo anni di guerra. Solo un’anno prima il devastate bombardamento ha provocato tante vittime e messo in ginocchio la città, già provata dalle ristrettezze causate dal conflitto. Ma la nostra popolazione non si arrende.

Dicembre del 1944: dieci volenterosi, amanti dello sport, si riuniscono per costituire “una unione sportiva, sotto la denominazione U.S. Avellino” con lo scopo “di svolgere qualsiasi attività sportiva, calcio, atletica, pallacanestro, pugilato ecc, al fine di perfezionare le forse fisiche, morali ed intellettuali di tutti gli associati, mediante circoli, scuole ed esercizi”.

1948/49 l’inizio dell’ascesa. L’anno che vede l’US Avellino protagonista nel campionato di serie C. L’anno della retrocessione ingiusta da parte della giustizia sportiva volta a favorire il Catania, forse, agevolato dal Ministro dell’epoca degli interni Scelba, con seggio elettorale proprio nel catanese.

Abbiamo incontrato l’autore del libro “Come nasce, vive e svanisce UNO SPLENDIDO SOGNO”. Un libro che ricostruisce approfonditamente le vicende che portarono alla vittoria dei biancoverdi del torneo di serie C del 1948/49 e le vicende che condurranno il nostro club alla retrocessione d’ufficio.

Giovanni Rossano, classe 1934, profondo conoscitore della storia avellinese, appassionato, fin da piccolo, della squadra di calcio. Abbonato sin dal campionato 1945/46. Testimone anche dal cambiamento dei colori sociali. Ha visto i calciatori indossare la maglia rossa con bordi neri, poi quella a quadri bianchi e blu e, infine, la maglietta verde, definitivamente adottata dal 1947. Ha sempre amato la squadra della sua città, qualunque sia stato il colore delle magliette e la sua denominazione. Figlio di Andrea Rossano, che ha partecipato, anche finanziariamente, alle vicende calcistiche avellinesi.

Giovanni Rossano ha voluto ricostruire questi anni, anni che in molti non conoscono, che non ricordano.E così inizia la stesura di questo racconto, appassionato, sugli anni del dopoguerra focalizzando l’attenzione sul più grande torto sportivo subito dall’Avellino.

Giovanni Rossano ci accoglie nella sua dimora, ci sediamo con lui nel suo salone circondati da quadri e libri antichi. Iniziamo il nostro dialogo su quegli anni, cercando di ricostruire insieme quel ricordo cittadino. Col suo spirito giovane e solare, ci racconta il contesto storico-politico dell’epoca, ci racconta di come il calcio al sud si sviluppò incredibilmente e di come in molte squadre meridionali militassero giocatori di categorie superiori, scappati dalle loro squadre e zone di residenza, per via della guerra civile presente ancora nel nord Italia, un nome su tutti Romeo Menti, che militò nel 1944 nella Juve Stabia vincendo il campionato campano e laureandosi campione d’Italia liberata, colui che segnò l’ultimo goal del Grande Torino.

“Erano anni difficili, ricordo, la popolazione voleva risorgere da quella condizione di miseria che la guerra aveva portato con se, la costituzione di un Unione Sportiva fu qualcosa che unì tutta la popolazione. Venivano fatte collette o venivano apportate delle maggiorazioni sui beni venduti affinché si potesse aiutare lo sviluppo della società sportiva. Piazza d’armi non era altro che un campo di terra battuta e gli spalti erano inizialmente cumuli di detriti, dove nel 1948, vennero posti enormi blocchi di tufo. Ricordo col sorriso episodi in cui gli appassionati salivano sui balconi vicini per evitare di pagare quelle poche lire per il biglietto, o le continue critiche verso la società ed i giocatori; non è cambiato molto lo spirito del tifoso irpino” dice scherzando.

“Ricostruire questi anni non è stata cosa facile, purtroppo la scarsità di materiale mi ha fatto non poco penare, ho ricostruito la vicenda cercando e trovando tutti i giornali dell’epoca. La stampa di allora risentiva moltissimo della crisi economica, erano giornali stampati su 4 facciate, nulla di più, e il piccolo spazio sportivo era dedicato per lo più al Napoli. Il Corriere dell’Irpinia e la rivista, dimenticata dai più, Sentinelle d’Irpinia, sono state delle miniere d’oro al fine di ricostruire tutto quel campionato.”

“Quello del 1948/49 lo possiamo definire come il più grande torto che la nostra squadra abbia mai subito. Ho provato a ricostruire nel dettaglio tutte le vicende che portarono la retrocessione ingiusta dell’Avellino dopo la vittoria nello spareggio all’Arena di Milano per 1-0 sul Catania. Era il 29 Giugno del 1949, le cronache dell’epoca raccontano della frenetica intensità con cui l’evento è vissuto dai tifosi irpini giunti a Milano, affrontando mille difficoltà. Questa partita è anche l’occasione per ritrovare i tanti irpini giunti al nord alla ricerca di un lavoro. Ascoltai quella partita per radio, il tempo sembrava non passare mai, a pochi minuti dal termine il radiocronista che già preannunciava i supplementari, venne completamente oscurato vocalmente da un frastuono assordante, erano urla di gioia, la nostra ala sinistra aveva segnato, Fabbri riesce a sorprendere Goffi e segna la rete che premia i calciatori in maglia verde. Terminata la radiocronaca, il radiocronista passa la parola al Commissario straordinario del Catania che, rivolgendosi ai tifosi etnei delusi, annuncia: Abbiamo perduto sul campo ma vinceremo a tavolino. Viva Sant’Agata! Non lo dimenticherò mai”

Lo ascoltiamo esterrefatti, increduli, che già in anni difficili come quelli, il calcio potesse macchiarsi di irregolarità. Un sogno quello del 49 che quasi sembra svanire dopo quelle parole minacciose del Commissario straordinario. Giovanni afferma che per lui quelle parole rimbombano nella sua testa come le parole della radio che raccontava dei “37 voli di guerra sulla piazzaforte di Avellino”.

Continuando la nostra chiacchierata, l’autore ci racconta di come si sia organizzato a tavolino l’imbroglio, di come siamo stati penalizzati, dei vari errori tecnici, processuali che hanno caratterizzato questo travagliato caso sportivo italiano.

“Poteri estranei al mondo dello sport, si inseriscono nella vicenda. Ma è fondamentale sottolineare il ruolo di un nostro giocatore nella vicenda, Gastone Staffiero, in scadenza di contratto. Un giocatore che mal sopportava la perdita dello stipendio erogato dall’Avellino, denaro utilizzato per lo più per frequentare bettole o locali equivoci. Altro elemento fondamentale era Francesco Marciano, mediocre portiere di riserva. Al centro di tutta la vicenda un premio elargito, una colletta realmente avvenuta fra gli autisti di piazza, di importo e di destinazione mai accertati. Il fatto va contestualizzato in una consuetudine diffusasi in città, di raccogliere oggetti e premi in denaro per l’esito vittorioso della partita. Una sorta di premio della popolazione alla squadra.”

Da qui una serie di informazioni dettagliate sugli scambi di lettere anonime indirizzate alla società etnea; l’intenzione era quella di favorire, in cambio di denaro, la società catanese. All’interno del libro “Uno splendido sogno” troviamo tutto, anche le lettere fra Gastone Staffiero, che sotto falso nome inviava le lettere a Catania, sia gli atti del processo con dovuti commenti annessi che evidenziano la mala fede dell’operazione verso la società irpina. L’autore evidenzia come la società catanese non si rivolse direttamente alla giustizia sportiva, quindi alla Federazione, ma si rivolse direttamente alla Questura, collegata fortemente col Ministro Mario Scelba, con seggio elettorale proprio in quel di Catania, e all’avvocato Calatagirone.

L’impianto accusatorio presentato alla Lega Nazionale è poco sostenibile, tanto da portare in primo grado di giudizio la Lega ad annullare l’esito finale e cristallizzare la classifica di serie C, bloccando qualsiasi promozione nel girone meridionale.

Una vicenda complicatissima, ricca di particolari, che difficilmente può essere riassunta in breve righe. Una vicenda che trova tutte le sue risposte storiche, processuali e cittadine all’interno del libro. Un modo per scoprire come la nostra popolazione in quegli anni del dopoguerra si unì per risorgere sportivamente e dare un qualcosa per cui gioire negli anni della ricostruzione.

Dalla lettura del libro traspare l’amore che l’autore, incarnazione dell’avellinese storico, legato visceralmente alla sua città, nutre per la squadra di calcio che ha sempre rappresentato un simbolo intorno al quale, sia pure con ricorrenti critiche anche a volte ingiustificate, ma conseguenza diretta della passione, la comunità si ritrova. E’ successo nel dopoguerra, è successo nel dopoterremoto, è successo dopo la tragedia sportiva del fallimento.

 

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