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Novellino senza freni: “Tornerei di corsa ad Avellino. Il presidente Taccone? Troppi “io, io, io””

In una lunga intervista al Corriere dello sport in edicola oggi, l’ex allenatore dell’Avellino Walter Novellino parla liberamente della situazione venutasi a creare nella piazza biancoverde. Senza freni, il tecnico nativo di Montemarano ha aperto le porte ad un suo possibile ritorno in panchina e ha lanciato alcune pesanti stoccate all’ormai ex presidente dei lupi Taccone. Malgrado il suo curriculum e la sua storia, Novellino non avrebbe alcun problema a ripartire dalla D pur di tornare a casa sua: «Se dovesse chiamarmi il nuovo Avellino? Verrei di corsa, per me Avellino resta sempre una piazza di Serie A. Ho un debito verso la mia gente. Sono andato via dispiaciuto di non aver potuto dare ciò che avevo promesso». La quarta serie, come detto, non sarebbe un problema. Anche perché «Novellino può pure starci, è sempre calcio.

È l’Avellino che non può stare in Serie D, è una bestemmia, qualcosa di assurdo». Qualcosa di assurdo, già. Come la vicenda che ha costretto l’Avellino all’esclusione dalla Serie B: «Non può essere, è come morire per una puntura di zanzara. Chissà, fossi rimasto lì, avrei dato una mano per la fideiussione. L’Avellino non doveva fare questa fine. Possibile perdere la Serie B, sei milioni di euro tra Lega e diritti tv per non spendere 100mila euro?». Ed è arrivati a questo punto che comincia l’attacco a Taccone. Le parole di Novellino suonano forti e dipingono l’ex patron come un vero e proprio padre-padrone, che con i suoi atteggiamenti ha portato alla situazione attuale. «È stata una leggerezza,» – dice Novellino – «una superficialità nella gestione della situazione, volere fare tutto di testa propria». L’attacco a Taccone diventa poi più diretto: «Il presidente ripeteva sempre “io, io, io” , quella parola la odio. Per me esiste “noi”, le cose si fanno insieme. Se uno vuole fare tutto di testa propria, gli altri alla fine si arrendono, ti lasciano pure fare perché sono dipendenti. Ecco il risultato».

L’affondo finale è pesante: «Posso ripetere i nomi, uno ad uno, di tutti i collaboratori (definiti i migliori mai avuti, ndr), rivivere i loro stati d’animo, costretti a ubbidire ad ordini intollerabili., a fare cose contro la loro volontà, diventando comodi parafulmini, come pure noi tecnici. E poi i giocatori, ragazzi perbene, corretti […] Fin quando siamo rimasti un gruppo, eravamo primi in classifica, quando sono iniziate le interferenze le cose sono andate come non volevo». Sul nuovo lupo targato De Cesare Novellino ha le idee piuttosto chiare. Il basket non è il calcio e c’è bisogno di persone esperte: «So che gestiscono il basket, con ottimi risultati. Ma il calcio è un’altra cosa che, se è uguale come gioco in ogni categoria, non può essere paragonato a qualsiasi altro sport. Ci vuole gente esperta e motivata, uno come me».

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