
17 Agosto 2016. Sta per disputarsi Celtic Glasgow vs Hapoel Beer Shev, Campione d’Israele, incontro valevole per l’andata degli spareggi che danno accesso diretto ai gironi di Champions League. Clima da brividi in quel di Scozia, in uno degli stadi più caldi d’Europa. Ad attendere la squadra Campione d’Israele vi è un comunicato stampa dei tifosi di casa, molto chiaro, dove gli scozzesi esprimono il loro dissenso per la partecipazione delle squadre israeliane ai tornei Uefa a causa del sistema di Apartheid ossia le pratiche di colonizzazione etnica e religiosa, le occupazioni militari verso la Palestina e tutto il popolo palestinese. I tifosi si appellano al diritto democratico di esporre il proprio dissenso verso lo stato israeliano e le sue politiche considerate oppressive.
La partita sta per iniziare, le due squadre scendono in campo. I giocatori si dirigono verso le loro posizioni quando dagli spalti si innalzano cori e bandiere a difesa della Palestina ed il riconoscimento internazionale. Ma l’organo massimo, l’Uefa, usa toni duri, esprimendo il suo dissenso. Il regolamento redatto dall’organismo con sede a Nyon parla chiaro: è vietata qualsiasi genere di manifestazione di pensiero politico durante le competizioni Uefa.
Ovviamente fascicolo aperto e si aspetta la sanzione ufficiale da parte dell’organo decisionale. Il club scozzese rischia l’estromissione dal torneo, anche se appare alquanto difficile immaginare una sanzione simile. Piuttosto reale, invece, l’ipotesi di una multa salata a carico della società di Glasgow e l’obbligo di disputare qualche incontro a porte chiuse.
Non è la prima volta che l’UEFA si trova dinnanzi a simili episodi. Un esempio del passato recente, estate 2015, fu l’inchiesta nei confronti del FK Sarajevo, società della capitale bosniaca, a causa del comportamento tenuto dai tifosi durante la partita contro il Lech Poznan, valevole per il secondo turno preliminare della Champions League. I sostenitori del SK Sarajevo esposero uno striscione per ricordare la strage di Srebrenica. “Non dimenticare mai il genocidio di Srebrenica, mai perdonare“, questo il messaggio dei tifosi bosniaci all’epoca dei fatti. Stesso a settembre 2015 apparve uno striscione all’ingresso dello stadio di Poznan con sopra scritto “Stop Izlamizac – Fermiamo l’islamizzazione”, in contrasto con la scelta dell’ Uefa di donare 1 euro del tagliando agli immigrati.
Ma come anche lo stesso Barcelona, da sempre esponente di un pensiero politico fra i suoi spalti sia in casa sia in trasferta. Non a caso risale allo scorso mese di maggio l’ordinanza emessa nei confronti dei tifosi blaugrana di esporre in finale di Copa del Rey, presso il “Vincent Calderon” di Madrid, la Estelada, la bandiera indipendentista della Catalogna. Inutile svelare i retroscena dietro questa decisione. Storici i contrasti fra il Partito Socialista e il movimento indipendentista in Spagna.
Il regolamento Uefa parla chiaro ed ha posto il divieto d’espressione e manifestazione di pensieri politici all’interno degli stadi durante le competizioni Uefa. E’ difficile realmente capire quanto possa esser condivisibile da tutti, anche perché il calcio vien vissuto come appartenenza ad un gruppo. C’è da aggiungere che in Europa è anche un modo per poter dare rilevanza mediatica a determinate questioni a volte rimaste irrisolte e altre volte oscurate.
Condivisibili o meno tutte queste manifestazioni da parte dei supporters, resta il fatto che il calcio si dimostra come strumento d’espressione e d’aggregazione sociale.
I tifosi del Celtic di Glasgow hanno toccato una questione mondiale che da decenni influenza il nostro modo di vivere, e forse, vedere quelle bandiere con in primo piano i cartelloni della campagna Respect (Qui) promossa dalla UEFA stessa, ci fa ridere amaramente.
https://www.youtube.com/watch?v=ohPb2M6M0Oc