
4:08 del mattino. L’adrenalina è ancora tanta (grazie anche ad un’altra gara 6 dall’altra parte del mondo, ma questa è un’altra storia). Da dove si può iniziare a commentare una partita del genere? Si potrebbe iniziare parlando della grande professionalità di Alex Acker, o della paura di inizio secondo quarto, quando per la prima volta in 5 gare e mezzo si è vista una squadra in chiara difficoltà (fisica e tecnica). Oppure descrivere il secondo tempo senza senso giocato da Joe Ragland (23 con 9\12 al tiri e 3 assist per i freddi numeri), oppure la rubata di Marteen Leunen a fine secondo quarto: probabilmente la singola giocata più decisiva della serata. Niente di tutto questo. Io gara 6 la voglio ricordare per il pubblico del PalaDelMauro che, ubriaco di gioia, non vuole lasciare il “suo” catino, richiama i “suoi” giocatori su parquet e li incita per quella che è, senza ombra di dubbio, la partita più importante della storia della Scandone. In quell’applauso, in quei cori, in quel trattenersi nonostante il primo sabato sera climaticamente decente da un’infinità di tempo a questa parte c’è un misto di ringraziamento e voglia di rivedersi, come due amanti che si lasciano dopo mesi di amore e che non sanno se e quando potranno rivedersi. Eccola la fotografia di gara 6, ecco il motivo per cui c’è ancora tanta adrenalina in circolo. Perché alla fine è giusto così. Ed è giusto per questo gruppo, per i tifosi, per la società, per la città di Avellino, per tutto il Sud Italia. Non è una questione di alzare coppe, o di appendere stendardi: è qualcosa che va al di là, che valica i confini della ragione e lascia esprimere cuori, mani e voci. Non c’è molto altro da dire per commentare gara 6. Le disamine tecniche non servono. Serve solo da incanalare tutto questo e metterlo sul campo fra 40 ore mal contate. Sono le 4.22 e gara 7 è distante 15 minuti in meno.