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Un derby da affrontare senza paura (di Alfredo Bartoli)

Come capita da un paio di anni, il Natale per la Scandone Avellino e i suoi tifosi, vuol dire (anche) campionato (una delle poche decisioni sensate della Legabasket che aiuta ad acquisire consensi e spazi). E durante le festività c’è una sfida che è ormai diventata consuetudine, quasi ”un clasico” visto il tipo di incontro e l’interesse che genera. Caserta-Avellino resta prima di tutto un derby, quindi una partita che esula da qualsiasi pronostico perché si alimenta di passioni e coinvolgimenti che vanno ben oltre l’aspetto puramente tecnico o tattico. E quello di domani sarà un derby ancora più particolare visto le situazioni che stanno vivendo le due squadre e gli obiettivi che stanno perseguendo. Da una parte entusiasmo per chi cerca il lasciapassare definitivo per le Final Eight, dall’altra frustrazione per chi cerca ancora la prima vittoria per provare a raggiungere una salvezza che, al momento, sembra pura utopia. Per Caserta è l’ultima chiamata, per Avellino una partita importante ma non decisiva per il proprio cammino: presentare gli avversari del derby è sempre difficile, farlo in questo momento, in cui hanno cambiato la squadra non più di cinque giorni fa è abbastanza improbo. Infatti, se la situazione di classifica della Juve è nota a tutti, forse qualcuno ha perso qualche passaggio di quella societaria e del roster, tanti sono stati i cambiamenti apportati, ma questa resta una partita da “tripla” e sarebbe lo stesso anche se fossimo a parti invertite (e per fortuna nostra non lo siamo). Quando ad agosto inoltrato la Lega stilò il calendario, neanche il più acerrimo dei pessimisti all’ombra della Reggia poteva pensare che il derby della dodicesima giornata lo avrebbe vissuto da ultimo in classifica e, soprattutto, senza ancora vedere lo straccio di un punto. Undici partite, undici sconfitte, sei punti di distacco dalla penultima (e quindi dalla salvezza), tre allenatori, nessun general manager (da un paio di mesi) e una quindicina mal contata di giocatori tesserati, per non parlare di un ambiente (più che giustificatamente) ormai saturo e ben oltre l’orlo della crisi di nervi: un’istantanea dalle tinte abbastanza fosche, per non dire del tutto nere. Da fuori è difficile provare a spiegare come si è arrivati a questo (quasi) punto di non ritorno: la squadra iniziale costruita dal (poi dimessosi) General Manager Atripaldi per coach Molin, oltre a presentare chiare lacune di costruzione, ha patito anche diversi infortuni (su tutti quello di Michele Vitali), vivendo una partenza ad handicap. Dopo 5 giornate, a pagare per tutti è stato l’ex assistente di Ettore Messina, sostituito da Zare Markovski che, da subito, ha iniziato a mettere mano al roster: con il coach macedone sono arrivati Ivanov e Antonutti, poi Tessitori e neanche 5 giorni fa Capin e Avramov. Nonostante alcune buone prestazioni e finali in volata, però, i tanto attesi 2 punti non sono mai arrivati e lunedì scorso l’ex coach biancoverde è stato sollevato dall’incarico. Il Presidente Onorario Iavazzi ha giustificato questa decisione con “la necessità di dare una scossa”. La scelta, perciò,non poteva che ricadere su qualcuno già inserito nella realtà casertana, un figlio di Terra di Lavoro che il pubblico del PalaMaggiò avrebbe accettato con sicuro entusiasmo e speranza: Vincenzo Esposito. La Scandone non deve lasciarsi influenzare da quello che succede a 50 km di distanza: sa di essere più forte dei “cugini” e, soprattutto, sa come affrontare il derby. Deve giocare una partita con la testa libera, senza farsi condizionare da un ambiente bollente che non farà mancare l’appoggio all’ex “Diablo” che, al momento, può vincerla solo mettendola sulla “garra” e sul piano emotivo. Forse nel girone di ritorno la Pasta Reggia sarà la squadra più organizzata del campionato, ma domani, se si gioca a pallacanestro, non può che vincere la Scandone, semplicemente per la quantità e la qualità del vissuto che possono esprimere le due squadre. Vitucci e il suo staff sono i primi a saperlo: a Capo d’Orlando e a Pistoia ha vinto la squadra più forte perché si è comportata da squadra più forte: così deve essere anche al PalaMaggiò.

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