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Croce e delizia, la doppia faccia di una stessa medaglia: perchè Fesenko è un pregio e difetto della Sidigas

Fesenko, croce e delizia. Kyrylo Fesenko è un grande giocatore. È bene dirlo, e chiarirlo, subito. Come fosse una giustificazione, un monito e una difesa dalle critiche, quelle fatte di “o bianco o nero”. Sì, perché qui è di grigio che si vuol parlare. Il centro ucraino è quello che è, lo sa chi scrive e lo sa chi legge, lo sa Sacripanti, lo staff tecnico e lo sanno tutti i tifosi: forza fisica mostruosa, piedi in attacco pregiati e significativa presenza in post.

Ma cosa non è Kyrylo Fesenko? Di sicuro non è un gran giocatore di pick and roll, specialmente difensivo. Di certo non è un centro moderno di quelli che rollano, stoppano e corrono il campo e, in conclusione, sostanzialmente non è un uomo da 40 minuti a partita o 50 match a stagione.

Come influisce tutto questo sulla sua squadra? Proviamo ad analizzarlo.

1) Condizionante – Lo è. Per il coach e per i compagni. Quando lui è in campo c’è un solo modo di giocare a basket. È giusto e sacrosanto cavalcarlo e caricare di falli gli avversari. Tuttavia è anche vero che questo non permette tante altre cose. In primis correre. La Sidigas trova pochi punti dalle transizioni primarie e questo, che piaccia o no, è collegato alla sua presenza in campo. Fitipaldo, Wells e Scrubb sono i primi tre nomi che vengono in mente. Ma anche Filloy e D’Ercole. Fesenko, ben coadiuvato da Leunen, è il motivo per cui Avellino non può decidere di correre. E poco importa se gli altro devono adattarsi, il suo fatturato parla per lui. Ma il gioco, è lecito chiedersi, vale la candela?

2) Back-up – Proprio questa ultima riflessione porta al punto due. Sì che vale la candela. Ma c’è da dire che il gigante col numero 44 non è certo uomo da 40 minuti come precedentemente accennato. E qui, forse, bisogna entrare nel merito del sistema di squadra: è possibile giocare due diversi tipi di pallacanestro? Secondo chi vi scrive, assolutamente sì. E Ndiaye era il profilo perfetto. Con lui si poteva correre, spingere dentro gli avversari e lasciare liberi di inventare in campo aperto i suddetti compagni. Tuttavia, causa infortuni, dello stesso Ndiaye ma anche dei compagni, questa soluzione è stata poco esplorata. Lawal, suo malgrado, Non è ancora tornato al 100% e, pur apprezzando le giocate che di tanto in tanto propone sicuramente non garantisce la fisicità del senegalese. Il sostituto di Fesenko, dunque, è un grave dilemma per il coaching staff, reo di non aver ancora trovato una soluzione efficace per sopperire alla mancanza del centrone ucraino, fisiologica in certe fasi dei match.

3) Scelte avversari – Tutti gli allenatori di Serie A (ma proprio tutti) prima di affrontare Avellino devono decidere cosa fare con Fes. Le opzioni, difensivamente, sono sostanzialmente due: scegliere di prendere 30 punti da Fesenko ma estromettere completamente Rich e Filloy dalla partita, perpetrando un regime di single coverage forsennato o raddoppiare sistematicamente sul centro sperando che la sua verve di passatore sia disattivata per quella serata. Vada come vada la partita del resto del roster è direttamente collegata a questa scelta e, non sempre, la Sidigas è stata capace di sfruttare i vantaggi presi da Fesenko. Soprattutto contro squadre che hanno i cosiddetti 3&D tanto cari al basket americano e sempre più in voga anche in Europa. Per informazioni citofonare Dominique Johnson e Vlado Micov (anche se ridurre il serbo a un semplice 3&D mi fa male al cuore).

4) Coinvolgimento difensivo – Ed offensivamente cosa decidono di fare le squadre avversarie? Qui la soluzione è molto più semplice: coinvolgerlo nei pick and roll. Che l’avversario decida di scivolare verso il ferro o di aprirsi per un tiro non fa alcuna differenza, Fes andrà in difficoltà. Lo sanno tutti e lo dicono i numeri. L’ultimo ad evidenziare questa falla è stato Diouf, centro del Bakken Bears dotato di buone capacità balistiche che, nella gara del DelMauro, ha messo a ferro e fuoco la difesa avellinese semplicemente facendo due passi indietro dopo ogni singolo blocco. Una soluzione potrebbe essere quella di mettersi a zona ma i tentativi fatti negli ultimi due anni (e più in generale sotto Sacripanti negli ultimi tre) si contano sulle dita di una mano. Anche qui, forse, Ndiaye dava più garanzie ma è chiaro che bisogna trovare una soluzione se non si vuole soccombere contro squadre organizzate e ciniche come Venezia che sanno come sfruttare i vantaggi derivanti da queste situazioni tattiche.

5) No garanzie – Fesenko offre garanzie tecniche assolute. Ma non fisiche. Quelle no. E questo punto è, purtroppo, la più delicata questione da affrontare. Sorvolando sull’intervento estivo, ancora avvolto dal mistero, bisogna onestamente dire che Sacripanti è sempre costretto a scelte drastiche: tenerlo in campo a lungo dovendo affidarsi al fato per quanto riguarda il suo rendimento e la sua partecipazione al match successivo o gestirlo come da piano partita e rimanere, eventualmente, in balia degli avversari, sempre pronti a concedere continui isolamenti in punta.

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Un commento

  1. Sono solo parole….. la realtà è che non ha tiro se non spalle a canestro da max un metro, infortuni a gogó e letto dagli avversari……è forte solo per il fisico ma da solo nel basket moderno non basta

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