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10-100-1000 Paparelli: 38 anni dopo, gli ultras laziali non dimenticano

10-100-1000 Paparelli: 38 anni dopo, gli ultras laziali non dimenticano. E nel pre-match contro il Benevento, srotolano uno striscione in memoria di Vincenzo Paparelli. Ieri, la commemorazione a 38 anni esatti dalla scomparsa del tifoso laziale ucciso da un razzo lanciato dalla curva romanista prima dell’inizio del derby del 28 ottobre 1979. E per ricordarlo i tifosi biancoazzurri espongono anche migliaia di foto del volto dello sfortunato tifoso.

LA STORIA

Vincenzo Paparelli, tifoso laziale, era seduto in Curva Nord (come ricorda laziowiki.org) in attesa di assistere al derby Roma-Lazio del 28 ottobre 1979. Stava mangiando un panino mentre osservava il cielo plumbeo che minacciava pioggia e due razzi di segnalazione, partiti dalla Curva Sud, finiti fuori dagli spalti dopo una traiettoria a zig-zag. Ad un certo punto, sempre dalla curva Sud, parte un terzo razzo che compie una linea retta di quasi 150 metri che lo colpirà in pieno volto andandosi a conficcare dentro un occhio. Racconta un testimone di una lunga scia nera e schizzi di sangue ovunque. Paparelli si accascia su se stesso e la moglie, che era seduta accanto a lui, comincia ad urlare e chiedere aiuto ma molti tifosi scappano in preda al terrore. Un ragazzo cerca di intervenire cercando di togliere il petardo dall’occhio di Paparelli ma ci riesce solo a metà e dal foro sul viso e da dietro la testa esce del fumo. Arrivano i medici ed una barella che lo porta nell’antistadio della Curva Nord dove c’è un’ambulanza che di corsa, a sirene spiegate, cerca di raggiungere l’Ospedale Santo Spirito dove però il povero Paparelli giungerà cadavere.

Vincenzo aveva 33 anni e lascia la moglie e due figli. In Curva Nord, ormai ridotta a poche migliaia di persone, scoppiano disordini e tentativi d’invasione. Nessuno vuole che si giochi e solo Capitan Wilson riesce ad avvicinarsi ai ragazzi laziali inferociti. Per non creare altri disordini, si decide di giocare in un clima surreale con la Nord e la Tevere “laziale” vuote ed il resto dello stadio pieno. Le forze dell’ordine si mettono subito alla caccia degli assassini e dopo una breve indagine, viene indicato in Giovanni Fiorillo l’autore materiale del gesto criminale. Fiorillo ha 18 anni ed è un pittore edile disoccupato. Già la sera dell’omicidio si dà alla latitanza fuggendo senza una meta ben precisa in giro per l’Italia riuscendo anche ad espatriare in Svizzera.

Dopo quattordici mesi si costituirà. Verrà condannato dalla Cassazione, nel 1987, a sei anni e dieci mesi di reclusione per omicidio preterintenzionale. Morirà il 24 marzo 1993 a causa di un male incurabile. Durante il periodo di latitanza aveva chiamato quasi ogni giorno Angelo Paparelli, fratello dello sfortunato Vincenzo, per scusarsi e giurare che il 28 ottobre non voleva uccidere nessuno.

Il 29 ottobre 2001, a ventidue anni dal tragico episodio, viene posta una targa in memoria di Vincenzo allo stadio Olimpico, lato curva nord.

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