CALCIOSERIE CUS AVELLINO

Il primo a crederci, l’ultimo a mollare: il sacrificio di Biancolino ha fatto la differenza

La promozione in Serie B è realtà. Dopo sette lunghi anni di attesa, l’Avellino torna in cadetteria. Un traguardo dal sapore speciale, frutto della determinazione di un gruppo che ha saputo soffrire, rialzarsi e lottare fino all’ultimo minuto. Tra le firme più luminose di questa impresa, quella di Raffaele Biancolino brilla più di tutte.

Un nome che, ad Avellino, è già storia. Prima da calciatore, oggi da allenatore. Biancolino è esattamente come appare: autentico, umile, ricco di valori. Dalla “paura di deludere questa gente” alle lacrime di commozione, baciando quel braccialetto per lui sacro, ogni sua parola e ogni suo gesto raccontano un credo profondo, un’identità radicata.

Un traguardo che parte da lontano

Questa promozione ha radici profonde. Affonda nell’amarezza del 2018, quando una fideiussione maledetta fece precipitare l’Avellino in un epilogo amarissimo. Un dolore collettivo, vissuto anche da Biancolino, che quella maglia l’ha sempre amata.

Il suo percorso è stato lungo e paziente, guidato da coraggio e dedizione. Perché, spesso, per toccare il cielo bisogna prima attraversare l’ombra. Biancolino ha preso per mano questa squadra e, con lucidità e cuore, l’ha condotta verso l’obiettivo finale.

Ma nulla è accaduto per caso. Nessuna magia. Solo lavoro, visione, e una formula tanto semplice quanto efficace: umiltà e dedizione, ma soprattutto sacrificio e senso di appartenenza. Due concetti che, nel calcio, fanno la differenza.

Sacrificio

Elemento cardine. Biancolino lo ha ribadito più volte nel corso di questa stagione. Il sacrificio come atto d’amore, come spinta oltre i limiti, come scelta consapevole di dare tutto per qualcosa che conta. Sacrificio fisico, mentale, emotivo.

Un concetto fatto proprio sin da quando ha calciato il primo pallone e trasmesso ai gruppi allenati. Dai ragazzi dell’Under 19 fino ai veterani con chilometri nelle gambe: la sua dedizione è diventata contagiosa. Così, passo dopo passo, l’Avellino è riuscito a scalare una vetta che, dopo i soli tre punti nelle prime cinque giornate, sembrava irraggiungibile.

Senso di appartenenza

Un valore tutt’altro che scontato, che spesso fa la differenza. Avellino è il cuore pulsante di una tifoseria che vive il calcio come fede, come richiamo viscerale. Biancolino lo ha capito da subito, assorbendo l’identità irpina con rispetto e orgoglio. Di quella maglia ne ha fatto la sua seconda pelle, dimostrando dentro e fuori dal campo di appartenere a questa terra.

Contro lo scetticismo iniziale, Biancolino non ha mai abbassato lo sguardo, accettando la sfida e rispondendo solo con il lavoro. Quando il momento era difficile, quando serviva il coraggio di osare, Giovanni D’Agostino ha puntato su di lui. “Solo chi osa può avere ragione”, ha dichiarato l’amministratore unico dell’IDC al termine della promozione.

Non è stata solo un’intuizione, ma il riconoscimento di un lavoro quotidiano, silenzioso, profondo. Biancolino era l’uomo giusto. Perché conosceva la piazza, ne condivideva i valori e ne incarnava lo spirito.

Ad Avellino e Biancolino, questa promozione sembrava scritta nel destino. Si sono trovati, scelti, amati. E hanno vinto. “Non abbiamo fatto ancora niente”, ha ripetuto più volte nel corso del campionato. Ma ora qualcosa è stato fatto. Ed è qualcosa di meravigliosamente Bello.


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